Sharm el Sheikh. Bisogna intervenire prima che l'Isis occupi la Libia. E se all'interno della comunità internazionale ci sono ancora "sensibilità" diverse, è il senso di urgenza ad unire tutti i Paesi direttamente o indirettamente coinvolti di fronte alla Libia dilaniata da una guerra che rischia di avere pesanti ripercussioni non solo nella regione ma anche nella vicina Europa, partendo proprio dall'Italia.
Il premier Matteo Renzi parla subito dopo aver incontrato il presidente egiziano al Sisi.
Che in Libia sta intervenendo militarmente e vorrebbe anche ampliare il fronte dei Paesi direttamente impegnati nel Paese nordafricano. "E' normale che ci siano diverse sensibilità a tutti i livelli, ci sono anche all'interno delle istituzioni Onu. Ma con Sisi siamo d'accordo sul fatto che la lotta al terrorismo è la priorità", assicura Renzi, convinto che rispetto ad alcuni mesi fa (Renzi e Sisi sono al terzo incontro), le posizioni si stiano modificando.
"C'è condivisione ampia - assicura - sulla necessità di un intervento rilevante in Libia, da realizzare a partire dagli sforzi diplomatici dell'Onu".
Renzi è arrivato a Sharm el Sheikh, dove si sono riunite 1.800 delegazioni di oltre 70 paesi per siglare importanti accordi economici (oggi l'Eni ne firmerà uno da "un miliardo di euro", ha annunciato il premier), proprio per incontrare il presidente egiziano e proseguire nei colloqui dedicati alla Libia.
Un lavoro diplomatico che l'Italia ha deciso di guidare, con una serie di incontri che hanno toccato l'interessatissima Parigi, la Gran Bretagna, Mosca, vicina all'Egitto e che può avere un ruolo da non sottovalutare in consiglio di sicurezza Onu, ora il Cairo e in aprile gli Usa, "il key player in questa partita". Con l'obiettivo di rendere la Libia una "priorità", in uno scenario molto difficile reso ancor più complicato dalla frastagliata divisione interna al paese. Non solo i due governi, quello di Tobruk (riconosciuto dalla comunità internazionale) e quello parallelo di Tripoli, ma anche un'ulteriore divisione in fazioni e tribù che rende molto complicati anche i colloqui diplomatici. Lo spiega chiaramente l'alto rappresentante europeo Federica Mogherini, anche lei a Sharm el Sheikh, e anche lei impegnata in diversi bilaterali, compreso quello con Sisi.
"L'opzione militare - dice senza mezzi termini - non è prevista", l'unica strada è quella della diplomazia e della creazione di un governo di unità nazionale". Anche perché, pure sul fronte dell'immigrazione, "solo con un interlocutore serio potremo gestire insieme i flussi" garantendo "anche il rispetto dei diritti umani". Il lavoro da fare, insomma, è ancora molto, ma Renzi è "ottimista", convinto del percorso diplomatico di cui l'Italia ha assunto la leadership. Per questo la tappa egiziana è fondamentale.
"Abbiamo fiducia nell'Egitto - dice da Sharm - e nella sua leadership, nelle sue riforme macroeconomiche ambiziose: sosteniamo la sua missione in favore della prosperità e della stabilità. La stabilità dell'Egitto è la nostra stabilità".
Il messaggio che la conferenza di Sharm el Sheikh deve inviare ai terroristi dell'Isis, dice, è che "siamo forti, più forti di loro. E più decisi e impegnati a creare un'area di prosperità e pace per tutti".
E al termine di una lunga giornata, iniziata a Milano con l'Expo e conclusa a Sharm, Renzi trova anche un altro fronte, assai più leggero, di ‘intesa' con l'Egitto. Cosa ha detto ad al Sisi alla fine per farlo sorridere in quel modo? Gli chiedono i giornalisti. "Gli ho parlato di Salah", il fantasista egiziano della Fiorentina.
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