Post più popolari

Visualizzazione post con etichetta Charlie Hebdo. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Charlie Hebdo. Mostra tutti i post

domenica 18 gennaio 2015

Niger, 7 chiese bruciate durante la protesta contro Charlie Hebdo

Niamey, 17 gen. Almeno sette chiese sono state date alle fiamme oggi a Niamey durante la manifestazione di protesta tenuta nella capitale del Niger contro la pubblicazione di vignette satiriche su Maometto da parte del settimanale francese Charlie Hebdo.






I setteluoghi di culto, perlopiù chiese evangeliche, sono stati bruciati sulla riva sinistra del fiume Niger che attraversa la città, stando a quanto riferito dal corrispondente della France presse, che ha poi visto i manifestanti dirigersi verso la riva destra, dove si trovano diverse altre chiese.

Un migliaio di persone si sono radunate oggi presso la grande moschea di Niamey per protestare contro il giornale francese, scandendo slogan come "Abbasso la Francia", "Abbasso Charlie Hebdo" e "Allah Akbar" (Dio è grande); diversi manifestanti hanno lanciato pietre contro la polizia, che ha risposto con gas lacrimogeni.






Ven­duto in 7 milioni di copie, il numero di 
Char­lie Hebdo pub­bli­cato dopo la strage nella reda­zione del set­ti­ma­nale fran­cese ha goduto di enorme visi­bi­lità pla­ne­ta­ria. Sca­te­nando così anche la rea­zione di quanti si sen­ti­reb­bero oltrag­giati da qual­si­vo­glia raf­fi­gu­ra­zione del pro­feta, figu­ria­moci dalle cari­ca­ture del maga­zine sati­rico.
Dal Paki­stan alla Soma­lia, dall’Inguscezia al Sudan, dall’Algeria al Niger, folle di fedeli indi­gnati hanno dun­que mani­fe­stato la loro rab­bia al ter­mine della pre­ghiera del venerdì e oltre. Ovun­que la rispo­sta alla grande “mar­cia repub­bli­cana” di Parigi è stata chiara e ine­qui­vo­ca­bile: Je suis muslim, «Io sono musul­mano». E di certo «non sono Charlie».
A destare mag­giore pre­oc­cu­pa­zione nelle ultime ore è il modo in cui la situa­zione sta dege­ne­rando in Niger. Venerdì un poli­ziotto e tre mani­fe­stanti hanno perso la vita a Zin­dan, la seconda città del paese, dove una cin­quan­tina di per­sone hanno fatto irru­zione nel locale Cen­tro cul­tu­rale fran­cese appic­cando il fuoco alla caf­fet­te­ria, alla biblio­teca e agli uffici. Per l’intera gior­nata a Zin­dan si è respi­rato un clima che il mini­stero degli Interni nige­rino non ha esi­tato a defi­nire «insurrezionale».
Ieri la pro­te­sta ha inve­stito la capi­tale Nia­mey, dove migliaia di per­sone, in mag­gio­ranza gio­vani, si sono ritro­vate davanti alla Grande Moschea della città. La poli­zia ha pro­vato a disper­dere i mani­fe­stanti con i gas lacri­mo­geni, ma nei disor­dini che sono seguiti almeno due chiese sareb­bero state date all fiamme. L’ambasciata di Parigi ha cal­da­mente invi­tato i fran­cesi pre­senti a Nia­mey a non uscire di casa.
Ma a dif­fe­renza degli altri paesi in cui sono dila­gate le pro­te­ste, qui in Niger la mobi­li­ta­zione ha un valore aggiunto del tutto pecu­liare: la rab­bia della piazza è indi­riz­zata infatti non tanto con­tro Char­lie Hebdo, quanto con­tro il pre­si­dente Maha­ma­dou Issou­fou per la sua par­te­ci­pa­zione alla mar­cia di dome­nica scorsa al fianco di Hol­lande. Lui ha pro­vato a giu­sti­fi­carsi, soste­ne­nedo in un comu­ni­cato che: A) in quanto lea­der di un paese con una popo­la­zione isla­mica al 98%, la sua pre­senza a Parigi «con­tro il ter­ro­ri­smo e a favore della libertà» ser­viva «a testi­mo­niare al governo e al popolo fran­cese l’amicizia e il soste­gno del popolo del Niger», ma soprat­tutto a con­tra­stare quanti in Europa vor­reb­bero «sfrut­tare il feno­meno cre­scente dell’islamofobia per i loro fini poli­tici»; B) Il governo «denun­cia e con­danna con vee­menza la cari­ca­tura del pro­feta Mao­metto (la Pace sia con lui) pub­bli­cata sul numero di Char­lie Hebdo del 14 gen­naio, con­si­de­ran­dola una pro­vo­ca­zione offen­siva e total­mente inac­cet­ta­bile» Ma non ha con­vinto nes­suno. Né sono sfug­gite in patria certe affer­ma­zioni rese da Issou­fou ai media fran­cesi, a comin­ciare da quella in cui il pre­si­dente assi­cura che «non solo io, ma tutti i nige­rini sono Char­lie». Ce n’è abba­stanza per met­tere in dub­bio le sue chance di otte­nere un secondo man­dato alle ele­zioni del pros­simo anno.
Un paese enorme e pove­ris­simo, il Niger, la cui prin­ci­pale risorsa, l’uranio, lo man­tiene sal­da­mente nell’orbita degli inte­ressi fran­cesi. L’ex potenza colo­niale con­trolla infatti le miniere pre­senti nel paese, e pro­prio la neces­sità di difen­derle dal peri­colo isla­mi­sta avrebbe por­tato Parigi a inter­ve­nire mili­tar­mente nel con­fi­nante nord del Mali. Dove ieri un pea­ce­kee­per dell’Onu appar­te­nente al con­tin­gente cia­diano è morto e altri cin­que sono rima­sti feriti in seguito a un atten­tato kami­kaze con­tro una base mili­tare di Kidal gestita dall’esercito fran­cese e dalle Nazioni unite.
Niger e Ciad, insieme al Came­run, in que­sti giorni sono oggetto delle pres­sioni di Parigi per un mag­giore coin­vol­gi­mento, e con­se­guente dispie­ga­mento di truppe al con­fine con la Nige­ria e oltre, nella bat­ta­glia in corso per argi­nare la minac­cia cre­scente costi­tuita da Boko Haram. Un vero incubo. L’escalation san­gui­nosa delle azioni com­piute dall’organizzazione jiha­di­sta, che negli ultimi sei anni ha semi­nato il ter­rore nel nord est della Nige­ria e inflitto cocenti scon­fitte al potente eser­cito di Abuja, sarà al cen­tro di una riu­nione indetta dall’Unione afri­cana la pros­sima settimana.

martedì 13 gennaio 2015

A Maometto la copertina di Charlie Hebdo

Nuova sfida per il giornale satirico in edicola mercoledì. "È tutto perdonato"

I 'sopravvissutì della redazione di Charlie Hebdo non rinunciano al "diritto di essere blasfemi". Mercoledì una nuova sfida. Il settimanale satirico torna in edicola dopo il massacro con nuove vignette su Maometto addirittura in tre milione di copie (ieri si parlava di un milione rispetto alle 60mila abituali), tradotto in sedici lingue e distribuito in tutto il mondo. L'obiettivo - ancora una volta - è quello di far ridere.








"Spero che le copie vendute siano anche più di un milione. Questi fascisti religiosi devono capire su cosa hanno sparato". Il caporedattore Gerard Biard lo ripete più di una volta: il numero 1178 "avrà lo stesso tono di tutti quelli che abbiamo fatto fino ad oggi. Non ci saranno necrologi o spazi vuoti. Ma disegni e testi inediti". Incontriamo Biard all'11 di rue Beranger, sotto la sede del quotidiano Liberation, che ora, come nel 2011 quando Charlie Hebdo fu vittima di un altro attentato (in cui non ci furono vittime), gli ha aperto le porte.

"Come quello che facciamo ogni settimana da oltre 20 anni - spiega il caporedattore - sarà un numero con cui cercheremo di far ridere, perché questo è quello che sappiamo fare meglio. Abbiamo iniziato a lavorarci da giovedì, all'indomani dell'attentato. Proveremo ad esprimere le nostre idee, e quando parlo di nostre idee significa di tutta la redazione, compresi quelli che non ci sono più. Sarà il giornale che conoscete. Avrà 16 pagine. Lo stesso che è sempre stato, e spero sarà sempre, anche se non sarà possibile ignorare 17 morti".

Davanti la redazione, dove l'ingresso principale è chiuso per motivi di sicurezza, e l'uscita secondaria è presidiata da poliziotti con i mitra spianati, qualcuno ha legato una rosa rossa ed un cartello al tronco di un albero, con la scritta: "Il delitto di blasfemia è stato abolito nel 1789".

"Siamo contenti per la marcia repubblicana - dice Biard che all'avvenimento dedicherà le due pagine centrali, come avviene di solito per i reportage di cronaca -. Negli ultimi anni ci siamo sentiti un pò soli in questa lotta. E non vorremmo che fosse un fuoco di paglia. Ci piacerebbe si capisse che la religione deve restare nello stretto dominio dell'intimità, altrimenti non la finiremo mai col fascismo religioso. La laicità è il solo valore che permette l'esercizio della democrazia".

Parlando della manifestazione, il caricaturista Luz, che si definisce 'oscurantofobò, non riesce a trattenersi. "Tutti quei politici alla marcia, l'ho trovata una situazione surreale. Improvvisamente mi sono trovato davanti tutti i miei personaggi, l'assurdità contro cui tutti noi di Charlie lottiamo. Poi c'è stato un piccione che ha 'bersagliatò Hollande su una spalla, mi ha fatto ridere. Mi ha strappato all'emotività. E la situazione è diventata ancora più assurda quando qualcuno si è avvicinato al presidente, l'ha abbracciato e ne ha tolta un pò. Dentro di me ho ringraziato quel piccione. È il benvenuto nella nostra redazione".








Il disegnatore olandese Bernard Willem Holtrop, in arte Willem, suona ancora più corrosivo: "Ho visto che abbiamo molti nuovi amici, come il Papa, la Regina Elisabetta e Putin. Questo mi fa ridere davvero".

Ma non c'è più tempo per parlare. Il numero deve essere chiuso entro le 20. Serve concentrazione, e non è facile. C'è la "Une", la prima pagina da scegliere. Come sempre, all'ultimo minuto. Secondo indiscrezioni sarebbe stata disegnata dal carboncino di Catherine: é lo sberleffo di un clown che soffia in una 'lingua di Menelik', per ironizzare sulla pericolosità del giornale. "Ma sulle pareti della sala illuminata dalla luce di un oblò ci sono affissi almeno una trentina di disegni, che aspettano l'ultima selezione", spiega il direttore generale di Liberation Laurent Joffrin. Davanti Liberation arriva una donna con una busta colma di matite e un biglietto. La consegna alle guardie. C'è scritto: "bon courage Charlie Hebdo".