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giovedì 23 marzo 2017

Sky News Live - London Terror Attack








Attacco terroristico al Parlamento di Londra, sette arresti nella notte. La testimonianza del viceministro eroe

Le vittime sono quattro, compreso il terrorista che si è lanciato con l'auto tra la folla per poi uccidere un poliziotto. Tra i venti feriti anche due italiane

Londra si è svegliata ferita nel cuore pulsante della sua democrazia. All'indomani dell'attentato che ha causato 4 morti, compreso il terrorista, e una ventina di feriti - tra cui due italiane - decine di poliziotti armati hanno compiuto una perquisizione in un'abitazione a Birmingham. La città è stata isolata per tre ore e la strada chiusa tra le 23 e le 2 del mattino. Secondo notizie di stampa ci sarebbero sette persone arrestate. La polizia è convinta che il veicolo utilizzato per l'attacco sia stato affittato nella zona. Però non è chiaro se l'operazione notturna sia collegata con l'attentato di Londra. Secondo la Bbc, "l'attentatore non era una persona sconosciuta". 

Il viceministro eroe soccorre il poliziotto

Il Big Ben rintoccava le 18 quando un'auto si è scagliata sulla folla e un uomo armato di coltello, dopo essere sceso dall'auto, ha colpito un poliziotto. Questo avviene a un anno esatto dall'attentato della metropolitana e dell'aeroporto di Bruxelles. Momenti di panico con deputati e Lords chiusi dentro il Parlamento mentre fuori si soccorrevano i feriti. Tra le quattro vittime c'è anche l'attentatore la cui identità è ancora avvolta dal mistero. Grande coraggio è stato mostrato dal viceministro e deputato conservatore Tobias Ellwood, ex capitano dei commandos, che ha tentato, senza però riuscirci, di tenere in vita l'agente ferito a morte all'ingresso del Parlamento.
"Si è comportato da vero eroe", dice un collega che ha assistito alla scena. Quando è stato dato l'ordine di mettersi al sicuro, Ellwood si è precipitato nel cortile e ha provato ad aiutare l'agente ferito, tamponandogli le ferite e facendogli un massaggio cardiaco. Ma è stato tutto inutile, l'uomo aveva perso troppo sangue. "Ho provato a fermare il sangue - ha raccontato lui stesso - cercavo di guadagnare tempo in attesa dei medici, ma penso che l'agente avesse perso troppo sangue. Aveva diverse ferite sotto il braccio e sulla schiena". Mentre ha avuto più fortuna una donna che lanciatasi nel Tamigi dal Westminster Bridge è stata recuperata dai soccorsi."Ho visto ferite terribili, catastrofiche", ha raccontato un giovane medico del St. Thomas Hospital, il più vicino al luogo dell'attacco. 

La dinamica dell’attacco

Un uomo sui 40 anni - era circolato il nome di Trevor Brooks, noto come Abu Izzadeen, imam di Clapton e considerato un "predicatore d'odio", noto all'intelligence del Regno Unito sin dal 2006, ma l'identità è stata smentita - si è lanciato a tutta velocità con un Suv lungo il Westminster Bridge, travolgendo molte persone, per poi finire la sua corsa proprio davanti ad uno degli ingressi del Parlamento. E' uscito dal veicolo e, armato di coltello, ha colpito a morte un agente di polizia per cadere lui stesso sotto il fuoco di reazione dei poliziotti.






Panico e urla in strada

Urla e panico tutto intorno, mentre scattava l'allarme rosso di Scotland Yard e venivano chiusi gli ingressi del palazzo della politica, e poco dopo i cancelli di Buckingham Palace con la regina al suo interno, la vicina metropolitana e perfino il London Eye, la ruota panoramica dall'altra parte del Tamigi, con la gente rimasta per quasi un'ora bloccata dentro le cabine. Decine le ambulanze accorse sul posto, mentre dal cielo le eliambulanze atterravano nel prato davanti a Westminster in una scena da prima linea.

Tre le vittime: fra i feriti c’è un’italiana

Le vittime civili, ha precisato il vice capo della polizia di Londra (Met), Mark Rowley, sono "una donna di circa 45 anni e un uomo di circa 55 anni". Tra le vittime, c'è anche l'agente Keith Palmer, ha aggiunto, precisando che il quarto morto "è ovviamente il terrorista che è stato ucciso sulla scena" del crimine. I feriti sono invece una ventina. Tra di essi due italiane, una di Bologna e una di Milano - di cui non è stata resa nota l'identità per motivi di privacy.







La premier May portata via in pochi minuti

Fin da subito si è pensato ad un attacco terroristico e la conferma è arrivata rapidamente, da Scotland Yard, che aveva già attivato le misure per mettere in sicurezza la premier Theresa May all'interno del Parlamento, proprio nel giorno del Question Time. "Le sue guardie del corpo l'hanno portata via in pochi minuti", ha raccontato il deputato conservatore Andrew Bridgen.
Messo in salvo il capo di governo è stato ordinato il 'lockdown' per Westminster, nessuno poteva entrare e uscire, con i deputati e i Lord che hanno atteso con pazienza che rientrasse l'allerta.

Il terrorista ha agito da solo con 2 coltelli

Nelle prime ore convulse si era parlato di due assalitori ma la Met Police ha poi escluso la presenza di un complice, affermando che un solo uomo sarebbe dietro l'azione terroristica. Torna quindi a colpire un 'lone wolf', un lupo solitario, come già accaduto di recente al mercato di Natale a Berlino. E ancora una volta le 'armi' utilizzate sono di uso comune, un coltello da cucina, fotografato mentre il sospetto veniva soccorso dopo essere stato colpito dalla polizia, e un veicolo lanciato ad alta velocità. E molti ricordano il precedente di Michael Olumide Adebolajo e Michael Oluwatobi Adebowale, i due terroristi britannici di origini nigeriane che nel 2013 nel sud di Londra uccisero il soldato di Sua Maestà Lee Rigby con una mannaia, dopo averlo investito.

May: atto odioso e disgustoso

La Gran Bretagna ha cercato fin da subito di reagire al nuovo attacco nella ormai sua lunga storia di lotta al terrore. La premier May ha riunito il comitato di emergenza Cobra, sebbene l'allerta terrorismo per il momento resti al livello "grave", secondo solo a quello "critico". Per May si è trattato di “un atto odioso e disgustoso”. 

Il cordoglio del governo inglese per le vittime

Il governo, tramite il ministro degli Interni Amber Rudd, ha espresso cordoglio per le vittime, ringraziato le forze dell'ordine e i soccorsi per il loro rapido intervento e ricordato l'impegno per mantenere la sicurezza del Paese. E già domani il Parlamento si prepara a tornare al 'business as usual', annunciando su Twitter che Comuni e Lord si riuniranno nei "consueti orari".

La solidarietà da tutto il mondo

Intanto arriva la solidarietà dagli altri Parlamenti del Regno Unito, primo fra tutti quello di Edimburgo, che ha sospeso la seduta proprio nel giorno in cui si doveva votare per la richiesta di un nuovo referendum sull'indipendenza della Scozia in risposta alla Brexit. E dai leader occidentali, fra cui il presidente americano Donald Trump, che ha telefonato alla May, la cancelliera tedesca Angela Merkel, secondo cui "il terrorismo riguarda tutti", e il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, che ha ribadito la vicinanza dell'Italia alla Gran Bretagna.
Intanto Londra, ferita ancora una volta, cerca di riprendersi.



mercoledì 22 luglio 2015

VIDEO: Brescia - Arrestati due sostenitori Isis, volevano colpire base militare...





Isis, arrestate a Brescia due persone per terrorismo: progettavano attentati a Roma e Milano

domenica 31 maggio 2015

Ucciso in Iraq il regista dei terribili filmati con le decapitazioni dell’Isis







Il ministero dell’Interno dell’Iraq ha annunciato la morte di Abu Samra, quello che era considerato il regista dei terribili e macabri video dell’Isis diffusi per mostrare la decapitazione di numerosi prigionieri degli estremisti islamici, alcuni realizzati in Iraq.

L’uomo, il cui vero nome era , sarebbe stato colpito nel corso di un attacco mirato nella provincia di Anbar. Colpiti con lui anche il terrorista islamico di nazionalità statunitense, Abu Osama al-Amriky anch’egli coinvolto nella realizzazione e la diffusione delle immagini che hanno sconvolto il mondo ed altri 25, 26 uomini dell’Isis.

L’operazione militare è stata condotta contro un edificio di Qaim, nel distretto di Falluja, dove si trovavano i guerriglieri. Le autorità irachene hanno intitolato l’azione a Mustafa Al Sebhawy, il soldato iracheno ferito catturato dall’Isis e impiccato alle travi di un ponte di Falluja.


domenica 17 maggio 2015

Khamenei: "Usa terroristi, hanno addestrato e sostenuto Isis"




TEHERAN (IRAN) - La Guida Suprema, Ali Khamenei, dopo che il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha accusato l’Iran di “aver intrapreso azioni volte a destabilizzare la regione”, quale il sostegno ai ribelli sciiti Houti in Yemen, ha replicato duramente, accusando a sua volta gli USA di essere dei “terroristi”, responsabili di “aver creato” il fondamentalismo islamico in Medio Oriente e di aver sostenuto la nascita e la diffusione di gruppi terroristici terribili, come quello degli jihadisti dell’Isis, “mentre l’Iran li combatte con forza e continuerà a farlo”. La Guida Suprema Khamenei ha dichiarato che gli Stati Uniti sono moralmente responsabili del terrorismo, perché il governo americano “ha addestrato e sostenuto nel corso della storia i gruppi terroristici più pericolosi come Isis”.






Secondo Khamenei, “i poteri egemonici guidati dagli Usa hanno anche creato una nuova ignoranza simile a quella che esisteva prima dell'Islam, che ha portato alla insicurezza, al fratricidio e al dominio di gruppi terroristici nella regione e ad una promiscuità sessuale senza limiti e desideri carnali”. Le dichiarazioni della Guida Suprema, Khamenei, possono rendere più difficoltoso il raggiungimento di un compromesso relativo ai negoziati sull’accordo sul programma nucleare dell’Iran.



giovedì 19 marzo 2015

VIDEO: TUNISI, STRAGE AL MUSEO. 22 MORTI, ALMENO 4 SONO ITALIANI




Terrore a Tunisi: oltre 20 morti, 4 le vittime italiane

  50 i feriti (10 italiani). Prima l'attacco al Parlamento, poi centinaia di ostaggi nel museo del Bardo. Alla fine il blitz





20 turisti morti
, 50 feriti e 2 terroristi uccisi. È il bilancio di un attacco terroristico avvenuto a Tunisi, nel Museo del Bardo. Tra le vittime confermati anche quattro italiani (qui la diretta Twitter). Una decina i nostri connazionali feriti in modo più o meno grave. Uno dei presunti responsabili, uno studente di 22 anni, è stato arrestato dalle forze dell'ordine. Gli altri due sono stati uccisi durante il blitz delle forze dell'ordine scattato attorno alle 14. Secondo i media locali, l'attacco sarebbe stato rivendicato dall'Is, in risposta a un'operazione di polizia contro i terroristi avvenuta pochi giorni prima. 

L'ATTACCO
L'inferno inizia all'ora di pranzo. Tre uomini armati dakalashnikov e travestiti da soldati tentano di entrare nel Parlamento, dove in quel momento si sta discutendo una legge anti-terrorismo. Vengono respinti dalle forze dell'ordine e ripiegano nel vicino Museo del Bardo (distante poche centinaia di metri dal Parlamento, nella periferia ovest di Tunisi), dove sono presenti almeno 200 visitatori. I tre fanno fuoco contro un pullman parcheggiato davanti al Museo, poi prendono in ostaggio decine di turisti all'interno del museo.

GLI OSTAGGI NEL MUSEO
Tra loro ci sono decine di turisti italiani, sbarcati questa mattina in parte dalla nava Msc Splendida, in parte dalla Costa Fascinosa in viaggio da Palermo a Palma di Maiorca. «Qui stanno sparando a tutti», ha raccontato una dei turisti italiani alla LaPresse. «Vi prego aiutateci». Alle 14 scatta il blitz. Le forze dell'ordine speciali fanno irruzione nel museo e ingaggiano un conflitto a fuoco. Nella sparatoria muoiono due terroristi e un poliziotto. IL BILANCIO 
Le cifre ballano per tutto il pomeriggio. In serata, arriva la triste conferma della Farnesina: tra i 20 turisti morti (spagnoli, polacchi e tedeschi), ci sono anche tre italiani. Poil'aggiunta, purtroppo, di una nuova vittima. 





I DUE TERRORISTI

Negli stessi minuti i media tunisini hanno riportato anche i nomi di due terroristi: si tratta di Jabeur Khachnaoui, originario della città di Kasserine, e Yassine Laabidi, di Ibn Khaldoun. Jabeur Khachnaoui era scomparso da tre mesi ed aveva chiamato i suoi genitori con una scheda irachena.



Tunisi reagisce all'assalto dei terroristi che nessuno sembra dubitare fossero militanti islamici. 

Già nel pomeriggio decine di persone erano accorse di fronte al Museo del Bardo, nei pressi del parlamento, per sostenere le forze dell'ordine ed esprimere solidarietà ai turisti sotto attacco.  

venerdì 27 febbraio 2015

Video: Svelata l'identità del boia dell'Isil con accento londinese




Svelata l'identità del boia dello stato islamico: è un 27enne londinese




Si chiama Mohamed Emwazi, ha 27 anni ed è di Londra. Laureato in informatica, cresciuto in una famiglia del ceto medio. Era già stato arrestato nel 2010 dall’antiterrorismo inglese.

Il boia dello Stato Islamico (Isis) è un londinese di origine kuwaitiana, cresciuto in una famiglia del ceto medio, conosciuto all’anti-terrorismo dal 2010 quando venne arrestato per sospetti legami con i jihadisti somali Shabaab, affiliati ad Al Qaeda. A rivelare l’identità del killer mascherato di nero che ha decapitato gli ostaggi occidentali di Isis è il “Washington Post” citando fonti di suoi amici e conoscenti britannici nonché di persone al corrente delle indagini.  
LA SVOLTA ISLAMICA 
Il suo nome è Mohammed Emwazi, nato in Kuwait, cresciuto nei quartieri Ovest di Londra e con una laura da programmatore di computer. Chi lo ha conosciuto, lo descrive come una persona dai modi “gentiep” che ama «vestirsi con stile», seguendo la moda occidentale pur aderendo alla fede musulmana. «Aveva la barba e faceva molta attenzione quando incrociava gli occhi di una donna» racconta un suo conoscente.  
L’ARRESTO DEL 2010 
Pregava nella moschea di Greenwich e dopo essersi laureato all’Università di Wesminster scelse con due amici - un tedesco convertito all’Islam di nome Omar e un altro di nome Abu Talib - di andare in Tanzania. L’intenzione dichiarata era di andare a fare un safari ma all’arrivo la polizia locale li fermò, identificò e temendo che volessero unirsi alla guerriglia jihadista somala li rimandò in Europa. Emwazi tornò indietro con un volo per Amsterdam, dove venne interrogato dall’MI5 - il controspionaggio britannico - ed accusato di legami con gli al-Shabaab somali. Tornato in Gran Bretagna nel 2009 decise di trasferirsi nel natio Kuwait ma nel 2010 venne arrestato a Londra - durante un viaggio fra i due Paesi - perché sospettato di terrorismo. Gli vennero prese le impronte digitali e fu perquisito.  
UN FANTASMA IN SIRIA 
Da quel momento le sue tracce si perdono, ad eccezione di un breve soggiorno in Arabia Saudita nel 2012 ovvero lo stesso anno in cui si trasferisce in Siria, da dove in più occasioni chiama i genitori e gli amici più cari a Londra. Un ex ostaggio di Isis ha raccontato che nel 2013 “Jihadi John” - come venne rinominato da alcuni detenuti, affiancandolo ad altri tre carcerieri sopranominati “Paul”, “George” e “Ringo” come i componenti dei “Beatles” - faceva parte di un ristretto gruppo di jihadisti britannici che sorvegliavano una prigione del Califfato chiamata “The Box” (La scatola) nella quale avrebbe partecipato ad interrogatori almeno quattro ostaggi occidentali durante i quali è stato usato il “waterboarding”. 
I FILMATI DELL’ORRORE 
Nel 2014, dopo la formazione del Califfato, gli ostaggi occidentali vengono spostati a Raqqa, in Siria, e “Jihadi John” li segue diventando il protagonista brutale dei video che ne mostrano l’esecuzione: Jim Foley, Steven Sotloff, David Haines, Alan Henning e Abdl Rahman Kassing, seguiti da due nipponici. Il suo accento londinese lo trasforma in un simbolo dei jihadisti europei e l’intelligence gli dà una caccia globale, impegnandosi con le più avveniristiche forme di sorveglianza elettronica.




venerdì 16 gennaio 2015

Controlli della polizia a Parigi e a Berlino Tra i fermati il principale complice di Coulibaly

Le diverse polizie europee sono ancora una volta in azione contro il terrorismo islamico, dopo lo scontro di Bruxelles di giovedì in cui due terroristi sono rimasti uccisi ed un altro lievemente ferito.
Due perquisizioni e dodici fermi sono stati compiuti dalla polizia francese nelle banlieue di Parigi in relazione agli attentati terroristici della settimana scorsa. Tra le 12 persone fermate c’è il principale complice di Amedy Coulibaly, quello che gli ha fornito supporto logistico e in particolare l’auto su cui viaggiava prima della sparatoria a Montrouge. Si tratterebbe, secondo le fonti, di nove uomini e tre donne. Sono stati interrogati per capire se hanno dato il loro sostegno ai terroristi negli attacchi, soprattutto in relazione alla fornitura di armi e veicoli. Alla base dell’operazione ci sarebbero tracce di Dna e intercettazioni passate al setaccio.

giovedì 15 gennaio 2015

Sparatoria vicino a Liegi

Blitz anti-terrorismo in Belgio
"Tre persone sono morte"

  • Alta tensione vicino a Liegi per una sparatoria avvenuta nel corso di un'operazione di intelligence. Sul posto polizia e ambulanze.
Tre morti in Belgio per una sparatoria avvenuta nel corso di un'operazione antiterrorismo a Verviers,  vicino alla città di Liegi. Non sono ancora chiari i contorni di quanto accaduto, ma media e testimonianze sui social network parlano di spari ed esplosioni in rue du Palais, dove le forze speciali avrebbero tentato di fare irruzione nel covo di un gruppo di presunti terroristi. Sul posto polizia e ambulanze. Alcune persone sarebbero state fermate dalle forze dell'ordine.

martedì 13 gennaio 2015

A Maometto la copertina di Charlie Hebdo

Nuova sfida per il giornale satirico in edicola mercoledì. "È tutto perdonato"

I 'sopravvissutì della redazione di Charlie Hebdo non rinunciano al "diritto di essere blasfemi". Mercoledì una nuova sfida. Il settimanale satirico torna in edicola dopo il massacro con nuove vignette su Maometto addirittura in tre milione di copie (ieri si parlava di un milione rispetto alle 60mila abituali), tradotto in sedici lingue e distribuito in tutto il mondo. L'obiettivo - ancora una volta - è quello di far ridere.








"Spero che le copie vendute siano anche più di un milione. Questi fascisti religiosi devono capire su cosa hanno sparato". Il caporedattore Gerard Biard lo ripete più di una volta: il numero 1178 "avrà lo stesso tono di tutti quelli che abbiamo fatto fino ad oggi. Non ci saranno necrologi o spazi vuoti. Ma disegni e testi inediti". Incontriamo Biard all'11 di rue Beranger, sotto la sede del quotidiano Liberation, che ora, come nel 2011 quando Charlie Hebdo fu vittima di un altro attentato (in cui non ci furono vittime), gli ha aperto le porte.

"Come quello che facciamo ogni settimana da oltre 20 anni - spiega il caporedattore - sarà un numero con cui cercheremo di far ridere, perché questo è quello che sappiamo fare meglio. Abbiamo iniziato a lavorarci da giovedì, all'indomani dell'attentato. Proveremo ad esprimere le nostre idee, e quando parlo di nostre idee significa di tutta la redazione, compresi quelli che non ci sono più. Sarà il giornale che conoscete. Avrà 16 pagine. Lo stesso che è sempre stato, e spero sarà sempre, anche se non sarà possibile ignorare 17 morti".

Davanti la redazione, dove l'ingresso principale è chiuso per motivi di sicurezza, e l'uscita secondaria è presidiata da poliziotti con i mitra spianati, qualcuno ha legato una rosa rossa ed un cartello al tronco di un albero, con la scritta: "Il delitto di blasfemia è stato abolito nel 1789".

"Siamo contenti per la marcia repubblicana - dice Biard che all'avvenimento dedicherà le due pagine centrali, come avviene di solito per i reportage di cronaca -. Negli ultimi anni ci siamo sentiti un pò soli in questa lotta. E non vorremmo che fosse un fuoco di paglia. Ci piacerebbe si capisse che la religione deve restare nello stretto dominio dell'intimità, altrimenti non la finiremo mai col fascismo religioso. La laicità è il solo valore che permette l'esercizio della democrazia".

Parlando della manifestazione, il caricaturista Luz, che si definisce 'oscurantofobò, non riesce a trattenersi. "Tutti quei politici alla marcia, l'ho trovata una situazione surreale. Improvvisamente mi sono trovato davanti tutti i miei personaggi, l'assurdità contro cui tutti noi di Charlie lottiamo. Poi c'è stato un piccione che ha 'bersagliatò Hollande su una spalla, mi ha fatto ridere. Mi ha strappato all'emotività. E la situazione è diventata ancora più assurda quando qualcuno si è avvicinato al presidente, l'ha abbracciato e ne ha tolta un pò. Dentro di me ho ringraziato quel piccione. È il benvenuto nella nostra redazione".








Il disegnatore olandese Bernard Willem Holtrop, in arte Willem, suona ancora più corrosivo: "Ho visto che abbiamo molti nuovi amici, come il Papa, la Regina Elisabetta e Putin. Questo mi fa ridere davvero".

Ma non c'è più tempo per parlare. Il numero deve essere chiuso entro le 20. Serve concentrazione, e non è facile. C'è la "Une", la prima pagina da scegliere. Come sempre, all'ultimo minuto. Secondo indiscrezioni sarebbe stata disegnata dal carboncino di Catherine: é lo sberleffo di un clown che soffia in una 'lingua di Menelik', per ironizzare sulla pericolosità del giornale. "Ma sulle pareti della sala illuminata dalla luce di un oblò ci sono affissi almeno una trentina di disegni, che aspettano l'ultima selezione", spiega il direttore generale di Liberation Laurent Joffrin. Davanti Liberation arriva una donna con una busta colma di matite e un biglietto. La consegna alle guardie. C'è scritto: "bon courage Charlie Hebdo".

venerdì 9 gennaio 2015

Siamo in guerra

Secondo uno schema fin troppo familiare e prevedibile, i tiratori dell’attacco a Parigi del 7 gennaio 2015, sono cittadini francesi radicalizzati ed esportati in Siria per combattere nella guerra per procura della NATO contro il governo di Damasco, e poi rientrati per effettuare attentati interni. Inoltre, come in molti altri attentati interni, i sospetti erano da tempo sorvegliati dai servizi d’intelligence occidentali, con almeno un sospetto già stato arrestato per terrorismo. USA Today riferisce in un articolo dal titolo “Continua la caccia ai due sospetti terroristi francesi“, che: “Gli indagati sono i fratelli Said di 34 anni e Sharif Kouachi di 32 anni, cittadini francesi, e Hamyd Mourad 18 anni, la cui nazionalità non è nota, ha detto un funzionario della polizia di Parigi all’Associated Press, parlando sotto anonimato perché non autorizzato a parlare pubblicamente”. USA Today inoltre segnala: “I fratelli di origine algerina sono nati a Parigi. Sharif è stato condannato a tre anni di carcere per terrorismo nel maggio 2008. Entrambi i fratelli sono tornati dalla Siria questa estate”. Le implicazioni dell’ennesimo caso di terroristi radicali occidentali prima inviati a combattere la guerra per procura della NATO in Siria e poi rientrati, sono ben note alle agenzie d’intelligence occidentali, potendo effettuare un attacco ben eseguito ed altamente organizzato, sanzionato e ideato dalle stesse intelligence occidentali, rispecchiando quasi integralmente il tipo di operazioni che l’intelligence della NATO svolse durante la Guerra Fredda con simili reti di militanti radicali utilizzati sia come mercenari stranieri che come provocatori nazionali. Verso la fine della guerra fredda, uno di tali gruppi era al-Qaida, un fronte mercenario armato, finanziato e impiegato dall’occidente fino a oggi. Inoltre, con ogni probabilità, i fratelli che hanno preso parte all’attentato di Parigi combatterono in Siria con le armi fornitegli dal governo francese. France 24 avrebbe riferito l’anno scorso, con un articolo intitolato “La Francia consegna armi ai ribelli siriani, conferma Hollande“, che: “Il presidente Francois Hollande ha detto che la Francia aveva consegnato armi ai ribelli che combattono il regime siriano di Bashar al-Assad “un paio di mesi fa”.” Accusare dell’attacco l'”Islam radicale” non è che un trucco per oscurare la verità, che tali terroristi sono stati creati intenzionalmente dall’occidente per combattere i nemici all’estero e per intimidire e terrorizzare la propria popolazione.
Dobbiamo sbarazzarci dell’inganno
Come per ogni attacco false flag ideato da un governo per manipolare l’opinione pubblica e sostenere una politica estera e nazionale altrimenti ingiustificabile, vari inganni sono profusi per distrarre l’opinione pubblico dalla vera natura dell’attentato. Nel recente attacco a Parigi, in Francia, illusioni come “libertà di parola”, “condanna dell’Islam radicale”, “tolleranza” e “estremismo” sono al centro della scena, ignorando il fatto che i terroristi responsabili erano al guinzaglio non degli “estremisti islamici” ma delle agenzie d’intelligence occidentali che combattono le guerre per procura dell’occidente, in quanto membri di forze mercenarie ben finanziate, armate e addestrate che dal 2007 sono elemento essenziale della politica estera occidentale. Infatti, al-Qaida e le sue varie emanazioni non sono una creazione dell'”estremismo islamico” ma piuttosto della politica estera occidentale che usa l'”estremismo” per indottrinare le truppe, ma all’unico scopo di servire gli obiettivi occidentali. Come denunciato dal giornalista premio Pulitzer Seymour Hersh, nel suo articolo del 2007 “The Redirection: la politica della nuova amministrazione avvantaggia i nostri nemici nella guerra al terrorismo?“, afferma esplicitamente che: “Per minare l’Iran, a maggioranza sciita, l’amministrazione Bush ha deciso, in effetti, di riconfigurare le priorità in Medio Oriente. In Libano, l’amministrazione ha collaborato con il governo dell’Arabia Saudita, sunnita, in operazioni clandestine volte a indebolire Hezbollah, l’organizzazione sciita sostenuta dall’Iran. Gli Stati Uniti hanno anche preso parte a operazioni clandestine contro l’Iran e la sua alleata Siria. Un sottoprodotto di tali attività è il rafforzamento dei gruppi estremisti sunniti dalla visione militante dell’Islam, ostili agli USA e simpatizzanti di al-Qaida”. Fino ad oggi, gli Stati Uniti, i loro partner della NATO, tra cui la Turchia, e i loro partner regionali come Israele, Arabia Saudita e Qatar armano, finanziano, sostengono, addestrano e mantengono tali “estremisti islamici” in Siria e Iraq e ai loro confini. In realtà, senza l’appoggio occidentale, tramite le autocrazie del Golfo Persico e le manifestazioni della rete globale di moschee gestite congiuntamente dalle agenzie d’intelligence occidentali e del Golfo Persico, non ci sarebbe un “estremismo islamico” di cui parlare. Indicando l'”estremismo” quale causa, piuttosto che come mezzo sfruttato dai veri responsabili di tale terrorismo globale supportato dall’occidente, non solo si perpetua tale inganno, ma s’invita a perpetuare un terrorismo che sconvolge e inorridisce.
L’occidente sostiene i centri di radicalizzazione e reclutamento interni
La recente crisi degli ostaggi a Sydney, con un dissidente iraniano con diritto d’asilo in Australia sfruttato dalla propaganda anti-iraniana, denuncia la vasta rete di radicalizzazione e reclutamento nella città australiana di Sydney, utilizzata per sostenere e inviare combattenti nella guerra per procura dell’occidente contro la Siria. La rete comprende molti individui ben noti alle forze dell’ordine e ai servizi segreti australiani, molti dei quali si erano recati in Siria aderendo a note organizzazioni terroristiche, e che sono stati autorizzati a rientrare per continuare le loro attività in Australia. L’articolo del Daily Mail, “Perché il sospetto ex-terrorista ha chiesto alla polizia della bandiera del SIIL?” afferma: “La polizia antiterrorismo ha contattato l’uomo di Sydney, Zaky Mallah già accusato di terrorismo, che gli aveva chiesto la bandiera del SIIL. Nelle oltre quattro ore di assedio al Martin Place, gli agenti della squadra antiterrorismo della polizia del NSW ricevettero la richiesta se potevano dargli la bandiera del SIIL. Zaky Mallah, 30 anni, di Westmead. Sydney occidentale, chiese alla polizia antiterrorismo la bandiera appesa nel suo appartamento, la bandiera del moderato Fronte islamico, ma ‘non era interessata’”. L’articolo continua: “Due anni fa, Mallah si recò in Siria e visse con i ribelli dell’ELS impegnati nella sanguinosa guerra civile contro il duro presidente musulmano Bashar al-Assad ‘prima di impazzirvi’. Dopo il rientro, ha incoraggiato i giovani ad andare in Siria e ad impegnarsi nella jihad per la libertà contro al-Assad…” Come in Australia, la Francia sembra una riserva di ex-terroristi veterani della Siria, tutti inseriti nelle liste di controllo, e almeno in Australia certuni di tali terroristi sono stati scelti dalle agenzie di sicurezza per fare parte delle reti controllate e gestite dalle intelligence. Tali reti hanno raccolto migliaia di reclute per la guerra della NATO contro la Siria. La BBC ne parla nell’articolo intitolato, “La crisi dello Stato Islamico: ‘3000 jihadisti europei si sono uniti alla lotta’“, dicendo che: “Il numero di cittadini europei divenuti combattenti islamici in Siria e in Iraq è salito a oltre 3000, ha detto alla BBC il capo dell’antiterrorismo dell’UE. Gilles de Kerchove ha anche avvertito che gli attacchi aerei occidentali aumenteranno i rischi di rappresaglie in Europa”. Cosa esattamente l’opinione pubblica dovrebbe attendersi dai numerosi terroristi che emigrano all’estero per combattere con le forze terroristiche, che l’occidente presumibilmente combatte senza che sia capace di mutarne l’andazzo? Chiaramente, armare al-Qaida in Siria è stato intenzionale, aprendo le porte degli Stati e permettendo ai terroristi europei di aderire alla guerra per procura della NATO in Siria, e di rientrare per aderire alla crescente guerra della NATO contro i propri popoli.
Operazione Gladio con steroidi
Tali reti non solo rispecchiano le “reti Gladio” della NATO, costituite durante la Guerra Fredda che avrebbero dovuto attivarsi a seguito dell’invasione sovietica dell’Europa occidentale, ma che invece furono utilizzate come provocazione politica e terroristica dissimulata. Tali reti oggi sono l’emanazione degli eserciti segreti della NATO. I provocatori della NATO utilizzati durante la Guerra Fredda erano nazionalisti anticomunisti ed ex-ufficiali delle SS naziste, estremisti di ogni risma. Le loro credenze erano, però, in ultima analisi irrilevanti dato che furono utilizzati per un programma non definito da tali credenze. ma dall’agenda della NATO. Molti militanti ed estremisti utilizzati dalla NATO furono liquidati al compimento dei numerosi attacchi false flag organizzati dalla NATO al prezzo di centinaia di vite innocenti europei. Allo stesso modo, oggi molti elementi armati ed attentatori coinvolti nella lunga serie di attentati interni eseguiti dalla moderna “rete Stay Behind” della NATO sono stati uccisi, imprigionati e dimenticati. Mentre le operazioni da guerra fredda della NATO sembravano limitate al terrorismo interno, le reti di oggi sono utilizzate per effettuare sia guerre per procura all’estero che per compiere attacchi terroristici interni. La natura espansiva di tale rete e la minaccia che rappresenta per la pace e la stabilità globale, dovrebbe essere al centro del dibattito sull’attentato a Parigi, non la presunta fede, religione o supposta agenda degli attentatori che, proprio come le controparti della guerra fredda, non sono che capri espiatori e pedine di un gioco molto più grande e insidioso.
                                                                                       


lunedì 15 dicembre 2014

Fanatico codardo, tiene in ostaggio civili a Sydney in una caffetteria



Si vivono ore di terrore a Sydney, dove un uomo armato tiene in ostaggio dalle 9 di mattina (ora locale) diverse persone in una cioccolateria Lindt a Martin Place, nel cuore della città australiana. Fino ad ora sono riusciti ad abbandonare il locale in cinque, ma non è ancora chiaro se siano riusciti a fuggire oppure se il sequestratore li abbia lasciati andare.
Nel frattempo l'uomo armato all'interno del caffè ha esplicato alcune precise richieste: vuole una bandiera dello Stato islamico e desidera parlare con il premier Tony Abbott. La polizia dal suo canto, però, vuole gestire al meglio la situazione, già di per sé delicata, e pertanto non ha voluto confermare queste notizie e ha anche chiesto ai media di non riferire quanto appreso dalle telefonate con gli ostaggi.
L’uomo, che tiene un ostaggio davanti a sé come scudo, ha fatto esporre alla finestra alle altre persone presenti nel locale una bandiera nera con un testo in lingua araba "Non c'è altro dio che Allah. Maometto è il messaggero di Allah".
Intorno alle 16 (ora locale), tre uomini sono stati visti uscire di corsa da una porta anteriore del caffè, e circa un'ora più tardi sono uscite da una porta laterale anche due donne, entrambe dipendenti del locale, che si sono gettate tra le braccia dei poliziotti impegnati nell’assedio.
Intanto ha parlato la vice comandante della polizia Catherine Burn, la quale ha riferito che i negoziatori hanno stabilito un contatto con l'uomo, ma che i suoi moventi non sono ancora del tutto chiari. "Ci vorrà forse del tempo, ma vogliamo risolvere la cosa pacificamente. Secondo le informazioni che abbiamo finora nessuno è stato ferito”.
Ad ogni modo, l’area è circondata da centinaia di poliziotti e diversi edifici circostanti sono stati evacuati per una questione di sicurezza.
Parole dure, invece, arrivano dal Gran Mufti d'Australia, il professor Ibrahim Abu Mohamed, il quale ha dichiarato che la comunità musulmana è "devastata" dalla presa degli ostaggi. "Il Gran Mufti e il Consiglio australiano degli Imam condannano inequivocabilmente quest'atto criminale e ribadiscono che tali azioni sono condannate totalmente dall’Islam”.

Ore drammatiche che vengono vissute in un clima di grande incertezza e anche col timore che la vicenda possa essere collegata agli estremisti dell’Isis: l’Australia, infatti, fa parte della coalizione internazionale che combatte il gruppo terroristico in Medio Oriente. La diretta live: