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domenica 8 novembre 2015

VIDEO TRADOTTO IN ITALIANO: Vladimir Putin - il suo intervento all'assemblea generale dell' ONU









Vladimir Putin arriva in ritardo all'assemblea generale Onu: il presidente russo è atterrato a New York mentre già parlava Barack Obama parlava al Palazzo di vetro. Putin, secondo il programma, avrebbe dovuto parlare poco dopo il leader Usa che, nel frattempo, aveva usato toni decisamente duri nei confronti del governo di Mosca. La foto del leader russo che sale sulle scale mobili della sede Onu è stata rilanciata su Twitter da numerosi giornalisti. Obama, nel frattempo, aveva già concluso il suo intervento



domenica 17 maggio 2015

Khamenei: "Usa terroristi, hanno addestrato e sostenuto Isis"




TEHERAN (IRAN) - La Guida Suprema, Ali Khamenei, dopo che il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha accusato l’Iran di “aver intrapreso azioni volte a destabilizzare la regione”, quale il sostegno ai ribelli sciiti Houti in Yemen, ha replicato duramente, accusando a sua volta gli USA di essere dei “terroristi”, responsabili di “aver creato” il fondamentalismo islamico in Medio Oriente e di aver sostenuto la nascita e la diffusione di gruppi terroristici terribili, come quello degli jihadisti dell’Isis, “mentre l’Iran li combatte con forza e continuerà a farlo”. La Guida Suprema Khamenei ha dichiarato che gli Stati Uniti sono moralmente responsabili del terrorismo, perché il governo americano “ha addestrato e sostenuto nel corso della storia i gruppi terroristici più pericolosi come Isis”.






Secondo Khamenei, “i poteri egemonici guidati dagli Usa hanno anche creato una nuova ignoranza simile a quella che esisteva prima dell'Islam, che ha portato alla insicurezza, al fratricidio e al dominio di gruppi terroristici nella regione e ad una promiscuità sessuale senza limiti e desideri carnali”. Le dichiarazioni della Guida Suprema, Khamenei, possono rendere più difficoltoso il raggiungimento di un compromesso relativo ai negoziati sull’accordo sul programma nucleare dell’Iran.



giovedì 19 febbraio 2015

Obama: Guerra contro i traditori dell' islam




Proprio mentre il Consiglio di sicurezza dell’Onu era in corso di svolgimento sono arrivate le parole del presidente americano Barack Obama, impegnato a Washington in un vertice internazionale per il contrasto all’estremismo violento. Il presidente ha ribadito che quella che è in atto non è una guerra tra l’Occidente e l’Islam ne tanto meno una guerra di religione: “Non siamo in guerra con l’Islam, ma contro gente che ha tradito l’Islam”. Secondo Obama “gli estremisti non sono leader religiosi, ma terroristi” che vanno combattuti in quanto tali, indipendentemente dalla religione in nome della quale dicono di agire. Obama ha compreso che la lotta ad Al Qaida e all’Isis passa non solo attraverso l’eliminazione dei leader terroristici, ma anche attraverso il dialogo e ad un’azione congiunta che veda coinvolti tutti.




Il messaggio di Obama ai musulmani: “Schieratevi nella lotta agli estremisti”

Barack Obama poi si è rivolto direttamente ai leader musulmani  con un invito molto forte: “Schieratevi nella lotta contro gli estremisti perché la violenza contro innocenti non difende l’Islam, ma danneggia l’Islam e i musulmani”. Un messaggio chiaro che invita chi interpreta la religione musulmana senza fanatismi ed estremismi non solo a prendere le distanze dal terrorismo e dalla violenza, ma ad unirsi al’ Occidente per combatterli. Obama ha aggiunto: “Nessuno può essere sospettato solo a causa della propria fede. Dobbiamo rifuggire dal luogo comune che se qualche musulmano compie atti terribili, tutti i musulmani facciano cose terribili”. Il rischio che Obama intravede con queste sue parole è quello già in atto; infatti molte persone ormai assimilano la religione islamica con il terrorismo. Sappiamo che non è così e che tantissimi musulmani vivono la loro religione senza alcun estremismo, ma con tutti gli avvenimenti legati a Isis e altre organizzazioni terroristiche che agiscono in nome dell’Islam è sempre più difficile fare certe distinzioni. Se l’appello di Obama venisse ascoltato e leader musulmani influenti prendessero forti posizioni contro la violenza sarebbe senza dubbio un grosso passo in avanti nella lotta al terrorismo di matrice islamica. E’ proprio in quest’ottica che Obama ha detto che “odio e intolleranza non avranno mai spazio negli Stati Uniti” e che bisogna “mobilitare tutti contro il terrorismo”.




domenica 8 febbraio 2015

Ucraina, la più pericolosa delle crisi





Ci sono stati conflitti più sanguinosi in Europa e tensioni gravi tra Mosca e Washington, ma oggi Usa e Russia non si capiscono. Così la guerra in Ucraina mette a rischio la pace nel Vecchio Continente. [la Repubblica il 7/2/2015]

La guerra in Ucraina è la crisi più pericolosa vissuta in Europa dopo la fine della Seconda guerra mondiale.

Ci sono certo stati conflitti più sanguinosi, come quelli balcanici negli anni Novanta, ma nessuno ha mai pensato che potessero provocare uno scontro globale.

CI sono state tensioni molto gravi durante gli anni del confronto Est-Ovest, a partire dal blocco di Berlino nel 1948, ma l’equilibrio del terrore e la capacità dei leader statunitensi e sovietici di interpretare le mosse altrui hanno evitato lo scoppio di una “guerra calda” nel cuore del nostro continente. 

Oggi nell’Ucraina orientale, a ridosso del confine russo, si combatte un conflitto indiretto fra Washington e Mosca che divide noi europei mentre mette in questione la pace nel Vecchio Continente. E non solo.

Perché oggi, a differenza degli anni della guerra fredda, russi e americani non si capiscono. Né vogliono capirsi. I “telefoni rossi” non squillano più, o suonano a vuoto. Sarà per l’autismo di Vladimir Putin, che alcuni scienziati noleggiati dal Pentagono vorrebbero affetto da sindrome di Asperger in seguito a un danno neurologico sofferto nel grembo della madre. Sarà per l’indecisionismo di Obama, attribuito da inventivi analisti russi agli effetti della malaria di cui avrebbero sofferto i suoi ascendenti dal ramo paterno, ma che l’ultima dottrina di sicurezza nazionale Usa nobilita, battezzandola “pazienza strategica”.

Sarà infine per l’asimmetria delle percezioni reciproche - in Ucraina i russi sentono di giocarsi la vita o la morte della patria, mentre per gli americani è una partita periferica, ingaggiata con un’inaffidabile potenza regionale che s’illudeva di tornare globale. 

Fatto è che nelle cancellerie europee è scattato l’allarme rosso:bisogna fermare i combattimenti prima che sfuggano completamente di mano e producano la guerra fra Nato e Russia. Di cui l’Europa sarebbe il primario campo di battaglia.

Si spiega così la missione congiunta di Angela Merkel e François Hollande a Kiev e a Mosca. Un inedito: mai la scoppiatissima coppia franco-tedesca si era spesa al massimo livello per salvare la pace in Europa. Berlino e Parigi, come altre capitali europee, fra cui Roma, sono infatti giunte alla conclusione che Mosca e Washington non possono o non vogliono sedare il conflitto. Anzi, potrebbero inasprirlo, innescando un’escalation semiautomatica dalle conseguenze imprevedibili. 

I precedenti non sono incoraggianti. Ricordiamo la fallimentare missione a Kiev dei ministri degli Esteri di Polonia, Germania e Francia, nei giorni caldi di Majdan, che produsse un compromesso con Janukovich rovesciato poche ore dopo dalle milizie armate che avevano preso la guida del movimento popolare di protesta contro quel regime ipercorrotto. La speranza è che stavolta, con la cancelliera e il presidente che ci mettono la faccia, l’esito sia più concreto, meno provvisorio.

Merkel e Hollande sanno bene che la pace subito non è possibile. Il probabile compromesso strategico che la sorreggerebbe appare oggi indigeribile agli Stati Uniti e alla lega nordico-baltica (Svezia, Danimarca, Polonia, Estonia, Lettonia, Olanda, Norvegia e Lituania), che nella litigiosa famiglia euroatlantica esibisce il viso dell’arme contro Mosca. 

Esso infatti implicherebbe lo scambio fra l’integrità territoriale dell’Ucraina - salvo la Crimea che (quasi) nessuno si sogna più di riportare sotto Kiev anche se (quasi) nessuno intende ammetterlo formalmente - e la rinuncia dell’ex repubblica sovietica a entrare nella Nato. Al Donbas più o meno russofilo e ad altre regioni orientali sarebbe concessa una robusta autonomia. Inoltre, l’Ucraina potrebbe aprirsi contemporaneamente allo spazio economico comunitario e a quello eurasiatico, egemonizzato da Mosca.

Questa opzione rimane sul tavolo, ma non per ora. L’obiettivo immediato di Merkel e Hollande è di congelare il conflitto prima che l’Ucraina collassi. Gli ultimi mesi hanno confermato infatti l’inconsistenza delle Forze armate ucraine, male armate, peggio addestrate, demoralizzate e soprattutto infiltrate dai russi. L’afflusso di contractors occidentali e di volontari di varia provenienza - tra cui diversi neonazisti - non le ha rese molto più efficienti. 

Mentre il duo franco-tedesco negoziava ieri sera al Cremlino con Putin, la morsa si stringeva attorno alle unità fedeli (si fa per dire) a Kiev accerchiate a Debaltseve dalle milizie delle repubblichette ribelli e da una legione straniera filorussa (che conta qualche neofascista nostrano), con il decisivo supporto di migliaia di militari (gli “uomini verdi” senza mostrine) e volontari russi, sotto la regia della Quarantanovesima armata di stanza a Stavropol’.

Il caos militare corrisponde al fragile equilibrio politico di Kiev,dove gli oligarchi continuano a spolpare l’osso di un paese in pieno fervore patriottico, devastato da una crisi economica incontrollabile anche dai ministri di importazione - l’americana Natalie Jaresko alle Finanze e il lituano Aivaras Abromavičius all’Economia.

Se il cessate-il-fuoco cui mirano Merkel e Hollande si svelasse utopia, si rafforzerebbero negli Stati Uniti i fautori dell’escalation. L’idea è di armare gli ucraini perché possano respingere i russi. Ipotesi molto ottimistica, stanti i rapporti di forza. Senza considerare che parte delle forniture finirebbe agli stessi russi, incistati nei comandi militari di Kiev. Mosca poi interpreterebbe questa mossa come una indiretta dichiarazione di guerra. Con possibili conseguenze dirette, se ad esempio qualche “addestratore” americano finisse nel mirino russo o viceversa.

Per questo Berlino e Parigi, ma anche Londra e Roma, si sono espresse nettamente contro il riarmo occidentale dell’Ucraina. Obama, prima di decidere, attende di parlarne con la cancelliera Merkel, ospite lunedì della Casa Bianca. 

«Ho molta considerazione per l’opinione di Angela», ha lasciato filtrare il presidente. Un modo per annunciare la rinuncia a fornire «armi difensive» all’Ucraina? Al contrario, un depistaggio? O solo il riflesso della sua proverbiale refrattarietà a schierarsi? Lo sapremo presto.


lunedì 2 febbraio 2015

Obama si schiera con Tsipras,





Il presidente americano Barak Obama, in un'intervista rilasciata alla Cnn per la trasmissione "Fareed Zakaria Gps", invita l’Europa dell’euro a “non spremere i paesi in difficoltà. Barak Obama va così in soccorso della Grecia e del nuovo governo di Alexis Tsipras, nel cui programma vi è rinegoziare il debito che ha messo l’economia del suo Paese in gravissime difficoltà.


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Non si può continuare a spremere i Paesi che sono nel pieno di una grave recessione", ha detto il presidente Usa Barak Obama nell’intervista alla Cnn, "ci deve essere una strategia per la crescita che consenta di ripagare i debiti ed eliminare una parte del 
deficit", ha aggiunto Obama auspicando che la Grecia rimanga nell'euro zona.