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martedì 26 marzo 2019

Antonio Pelle, boss di 'ndrangheta - Kings of Crime





Tutto ha inizio in Aspromonte. È qui che affonda le sue radici la più misteriosa tra le mafie: la 'ndrangheta. È qui che inizia la storia del più enigmatico dei suoi boss: Antonio Pelle.

Ve la racconto in questa puntata di Kings of Crime
Raccontato da Saviano, bravo a raccontare vicende di cronaca criminale, meno bravo e capace quando tenta di influenzare i suoi lettori e cittadini nella politica nazionale italiana, li si dovrebbe fare da parte e continuare a fare quello per qui è emerso, raccontare cronaca criminale, mafia, camorra, ndrangheta, sacra corona unita, una critica e un complimento per lui.






lunedì 3 agosto 2015

VIDEO: Palermo, arrestati 11 fedelissimi di Matteo Messina Denaro, ecco i nomi.





La polizia di Palermo, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia, ha arrestato 11 persone, ritenute responsabili dei reati di associazione a delinquere di stampo mafioso e favoreggiamento aggravato dalla modalita’ mafiosa per aver agevolato la latitanza del noto boss Matteo Messina Denaro.
La misura cautelare e’ stata eseguita congiuntamente al Ros dei Carabinieriche ha contribuito ad evidenziare il ruolo apicale del mandamento mafioso di Mazara del Vallo. Le indagini, svolte da investigatori del Servizio Centrale Operativo e delle Squadre Mobili di Palermo e Trapani, finalizzate alla cattura del latitante Messina Denaro, rappresentano l’evoluzione investigativa degli esiti raggiunti con le operazioni “Golem I e II” prima, ed “Eden I e II” poi e condotte dagli stessi Uffici di Polizia Giudiziaria. In seguito all’esecuzione dei provvedimenti restrittivi emessi nell’ambito dell’indagine Golem II – marzo 2010 – che era focalizzata nel ricostruire la catena di supporto del latitante e di veicolazione delle sue comunicazioni, le attenzioni investigative si sono concentrate su quei soggetti che, per caratura criminale e ruolo assodato all’interno delle consorterie mafiose della provincia di Trapani, potessero succedere agli arrestati del tempo nella struttura di favoreggiamento del latitante. Tra questi sono stati individuati l’anziano ed autorevole capo-mandamento della famiglia mafiosa di Mazara del Vallo e i vertici della famiglia mafiosa di Salemi.
Questi i nomi degli arrestati: Vito Gondola, nato a Mazara del Vallo (TP) il 16/04/1938; Michele Gucciardi, nato a Salemi (TP) il 11/10/1953; Giovanni Domenico Scimonelli, nato a Locarno (Svizzera) il 08/08/1967; Pietro Giambalvo, nato ad Ustica (PA) il 28/07/1938; Vincenzo Giambalvo, nato a Mazara Del Vallo (TP) il 01/05/1977; Sergio Giglio, nato a Salemi (TP) il 07/08/1969; Ugo Di Leonardo, nato a Santa Ninfa (TP) il 27/04/1942; Michele Terranova, nato a Salemi (TP) il 23/09/1969; Giovanni Mattarella, nato a Mazara del Vallo (TP) il 10/03/1966 10; Leonardo Agueci nato a Salemi (TP) il 11/11/1987; Giovanni Loretta, nato a Mazara del Vallo (TP) il 31/10/1972.
Le indagini hanno consentito di indicare gli inizi del 2012 quale periodo di effettiva riapertura dei canali di comunicazione del latitante che, come accaduto in passato, avrebbe utilizzato riservatissime comunicazioni scritte (cd. pizzini) per trasmettere ai propri sodali le disposizioni e continuare ad esercitare l’indiscussa azione di comando.
I piu’ sofisticati mezzi tecnici d’indagine consentivano di individuare la rete di veicolazione dei pizzini diretti al latitante o originati dallo stesso e destinati alle diverse famiglie mafiose della provincia di Trapani. Rete che si strutturava grazie a riservatissime comunicazioni tra i predetti uomini d’onore che, al fine di eludere le investigazioni dirette alle loro persone, utilizzavano alcuni insospettabili soggetti per fissare discreti appuntamenti in isolatissimi luoghi delle campagne tra Salemi, Mazara del Vallo, Santa Ninfa e Partanna.



In particolare, si evidenziava il ruolo del capo mandamento di Mazara del Vallo in tale struttura. All’anziano mazarese, come rilevato da importanti intercettazioni, era stato attribuito il gravoso compito di gestire i tempi ed i modi di consegna e distribuzione della “corrispondenza” del latitante. Lo stesso capomafia mazarese aveva dovuto individuare dei “tramiti”, cosi’ denominava i soggetti di fiducia lo stesso latitante in scritti in precedenza sequestrati, di provata affidabilita’, per poter interloquire in maniera riservata con gli altri capimafia. Si evidenziavano, pertanto, soggetti incensurati e apparentemente insospettabili quali un allevatore di Salemi, nonche’ gestore di un caseificio in quel centro che garantiva il discreto collegamento tra i vertici mafiosi era legato da apparentemente lecite ragioni lavorative connesse alla pastorizia.
In egual modo un autotrasportatore mazarese, gia’ tratto in arresto nell’ambito dell’operazione “Peronospera II” assicurava, per il tramite di un ragioniere di una ditta di Santa Ninfa, le comunicazioni. Un geometra in pensione di Partanna, permetteva di fissare dei riservati incontri mentre un altro pregiudicato, parente dell’anziano capo mandamento di Mazara, aveva il compito di organizzare appuntamenti. La trasmissione della riservata corrispondenza, per quanto emerso, avveniva con cadenza trimestrale e con modalita’ dettate dallo stesso latitante che, evidentemente al fine di scongiurare ogni possibile tentativo da parte degli investigatori di risalire la filiera di trasmissione dei pizzini, aveva deciso di evitare piu’ frequenti contatti con i suoi affiliati.
Lo scambio dei messaggi avveniva in aperta campagna nell’occasione dei menzionati incontri tra gli indagati che, pure in quelle occasioni, usavano la massima accortezza nel linguaggio, per riferirsi al latitante o alle dinamiche criminali sottese alle direttive da questi impartite mediante gli stessi riservati messaggi.







Le investigazioni hanno consentito di definire il ruolo di vertice del capo mandamento
 del territorio di Trapani, concretizzatosi nella risoluzione di controversie interne al sodalizio e nel capillare controllo del territorio finalizzato all’infiltrazione del tessuto economico locale, attraverso imprese di diretta emanazione dell’organizzazione criminale. Sono stati, infatti, documentati i suoi ripetuti interventi per dirimere contrasti inerenti la spartizione dei guadagni provenienti dalla realizzazione del parco eolico denominato “Vento di Vino”, destinati anche al sostentamento del nucleo familiare dei Messina Denaro e dello stesso latitante.
Nello stesso contesto sono state eseguite 18 perquisizioni personali e domiciliari nei confronti di altri soggetti indagati a piede libero nell’ambito del medesimo procedimento penale. In corso verifiche di natura finanziaria presso alcuni istituti di credito svizzeri, dove si ritiene plausibile che alcuni indagati possano aver distratto somme di denaro finalizzate al sostentamento economico del latitante.



sabato 24 gennaio 2015

Canzio: la 'ndrangheta ha occupato il Nord








La mafia al Nord? Non si può parlare più di infiltrazione. Ormai è un fenomeno di "interazione-occupazione". Apre  con questo allarme l'anno giudiziario il presidente della Corte d'appello di Milano, Giovanni Canzio. Allarme lanciato nel corso di una relazione in cui il magistrato ha motivato le sua analisi spiegando che la mafia esercita ormai "un diffuso controllo di intere aree del territorio, attraverso il metodo intimidatorio e in un clima d'omerta', che ne consente la penetrazione negli interstizi della societa', delle istituzioni, delle amministrazioni locali, dell'economia, dell'impresa e della finanza, secondo una strategia che ruota intorno al nucleo dei flussi dei finanziamenti pubblici e delle vicende corruttive per l'aggiudicazione delle relative opere, forniture e servizi". Canzio ha ricordato le "centinaia di condanne a secoli di carcere" pronunciate nel distretto che presiede nei processi 'infinito' e in altri. 
Un lungo passaggio della relazione è dedicato proprio ai processi contro la 'ndrangheta in Lombardia, come quello 'Infinito', che si è concluso in Cassazione "con centinaia di condanne a secoli di carcere". Canzio si dice poi "certo che presenza e attenzione sarà riservata all'azione di prevenzione e repressione di ogni forma di violenza di natura eversiva o terroristica o di matrice fondamentalista che intenda profittare della portata internazionale" dell'Expo 2015 a Milano.



"Nel distretto milanese e in vista di Expo 2015 lo Stato è presente e contrasta con tutte le istituzioni l'urto sopraffattorio della criminalità mafiosa, garantendo, nonostante la denunciata carenza di risorse nel settore giudiziario, la legalità dell'agire e del vivere civile", è un altro passaggio della relazione. "Il fiorire di iniziative imprenditoriali collegate allo straordinario evento di Expo 2015 - chiarisce Canzio - lasciano presagire che per la criminalità organizzata si aprano, insieme con nuove e più ricche opportunità, impreviste criticità, a causa del conflitto latente fra le originarie regole delle 'ndrine e i più ampi orizzonti di profitto". Allo stesso tempo, però, "si assiste al progressivo rafforzamento delle strategie investigative e degli strumenti di prevenzione". Canzio evidenzia come "non si fermano le indagini e gli arresti, si applicano misure di prevenzione patrimoniale su immobili e aziende, si annoverano circa 70 interdittive antimafia del prefetto di Milano a carico di società impegnate in lavori per l'Expo".