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sabato 5 dicembre 2015

VIDEO: Conferenza stampa russa sul traffico petrolio in Siria tra lo Stato Islamico, Turchia, Italia.








Siria, un’altra guerra per il petrolio

Con la scusa della lotta all’ISIS, le potenze occidentali puntano a controllare le ingenti risorse di petrolio e di gas del paese, e ad indebolire l’influenza della Russia e dell’Iran nella regione.







Le grandi imprese energetiche statunitensi, britanniche, francesi ed israeliane potrebbero essere le principali beneficiarie delle operazioni militari in Iraq e in Siria, finalizzate ad arginare il potere dello “Stato Islamico” (ISIS) e, potenzialmente, anche del regime di Bashar al-Assad.
Uno studio realizzato nel 2011, nel pieno della primavera araba, da una società di servizi petroliferi legata al governo francese e all’attuale amministrazione britannica, notava il significativo «potenziale idrocarburico» dei giacimenti offshore della Siria.
Lo studio fu pubblicato su GeoArabia, una rivista di settore pubblicata dalla società di consulenza del Bahrain GulfPetroLink, a sua volta sponsorizzata da alcune delle più grandi imprese petrolifere al mondo, tra cui Chevron, ExxonMobil, Saudi Aramco, Shell, Total e BP.
Lo studio, firmato da Steven A. Bowman, geoscienziato della compagnia energetica francese CGGVeritas, identifica «tre bacini sedimentari – Levante, Cipro e Laodicea – localizzati al largo delle coste siriane».
L’affaire segreto della Francia con la Siria di Assad
Durante la primavera araba, mentre la Siria sprofondava nel caos, la CGGVeritas operava nel paese per conto del ministero del petrolio e delle risorse naturali del presidente siriano Bashar al-Assad.
La compagnia francese è una delle principali società di prospezione sismica al mondo. Controllata al 18 per cento dal governo francese, la CGGVeritas aveva già acquisito dati sismici sui bacini offshore siriani nel 2005, e da allora era stata diventata la principale fornitrici di dati geofisici e geologici del regime siriano.
Nel 2011, la società francese aveva firmato col governo siriano un contratto esclusivo per offrire supporto tecnico per il “bando offshore internazionale” di quell’anno, finalizzato all’assegnazione dei diritti di esplorazione e di produzione di gas e di petrolio per i tre blocchi offshore al largo della costa siriana, nel Mar Mediterraneo.
Nell’articolo citato, Bowman – che è stata anche coinvolto nell’analisi dei dati sismici delle risorse energetiche libiche – descrive i bacini offshore della Siria come «una vera zona di frontiera dell’esplorazione», notando l’esistenza di varie “zone piatte”, che, se confermate, «rappresenterebbero degli obiettivi di trivellazione da svariati miliardi di barili/trilioni di piedi cubi».
Le grandi imprese energetiche fanno la corte ad Assad
La CGGVeritas ha anche effettuato lavori di prospezione e di coordinamento dei bandi nel Mare del Nord per conto del governo britannico.
Nel 2012, il dipartimento degli interni statunitense ha pubblicato uno studio geologico in cui notava che la Syrian Petroleum Co., di proprietà del governo di Assad,
cooperava con diverse società petroliere occidentali, tra cui la Chinese National Petroleum Co. (CNPC), la Gulfsands Petroleum (Regno Unito), la Oil and Natural Gas Resources Corp. (India), la Royal Dutch Shell (Regno Unito) e la Total SA (Francia) per mezzo di società affilate.
Due anni prima, la capitale Siriana, Damasco, aveva ospitato la settima esibizione internazionale siriana del petrolio e del gas, convocata dal ministero del petrolio di Assad. L’esibizione fu sponsorizzata dalla CNPC, dalla Shell e dalla Total francese, e vide la partecipazione di centinaia di rappresentanti delle imprese internazionali, il 40 per cento delle quali erano basate in Europa.
Un memo del 2010 redatto dagli organizzatori dell’evento, Allied Expo, per conto del ministero del petrolio siriano, spiega come la società britannica Shell contava di lavorare a stretto contatto con il regime di Assad.



martedì 10 marzo 2015

VIDEO: Il Venezuela non si piega agli USA, Obama firma una serie di sanzioni





Nuova svolta nei rapporti bilaterali tra Stati Uniti e Venezuela. Il presidente americano 
Barack Obama ha firmato ieri un decreto con nuove sanzioni per sette funzionari del governo venezuelano di Nicolás Maduro. Secondo gli analisti, il documento ha un linguaggio inusuale e molto duro: per la prima volta le misure sono nominative e nel testo si dichiara lo stato di“emergenza nazionale” per la situazione politica venezuelana e si indica il Venezuela come una“minaccia per la sicurezza nazionale statunitense”. Ma perché?
Secondo il segretario del Tesoro americano, Jack Lew, sette membri del governo venezuelano hanno partecipato “all’arresto o processo giudiziario di persone che volevano esercitare il diritto alla libertà di espressione” e “in atti di violenza contro manifestanti dell’opposizione”. I sanzionati sono il comandante della Regione di difesa integrale centrale (REDI Central), Antonio Benavides Torres; il direttore della Polizia politica SEBIN, Gustavo González López; il presidente della Corporazione venezuelana di Guayana ed ex comandante della Guardia Nacional, Justo Noguera Pietri; il pubblico ministero Katherine Haringhton; il direttore della Polizia Nazionale Bolivariana, Manuel Pérez Urdaneta; il comandante della 31° brigata armata dell’Esercito, Manuel Bernal Martínez e l’ispettore generale delle Forze armate, Miguel Vivas Landino.
Per i senatori Robert “Bob” Menéndez e Marco Rubio deve essere incluso anche il ministro della Difesa, Vladimir Padrino López, per avere ordinato la rappresaglia contro una manifestazione pacifica dove è morto uno studente di 14 anni per mano della polizia, l’uso di armi militari contro le manifestazioni a favore dell’ordine pubblico.
Nel comunicato stampa, la Casa Bianca ha chiesto “la liberazione di tutti i prigionieri politici, includendo decine di studenti, il leader dell’opposizione Leopoldo López  e i sindaci Daniel Ceballos e Antonio Ledezma”.



Il governo americano ha accusato il presidente Maduro di violare la dichiarazione dell’Organizzazione degli Stati Americani “e altri strumenti fondamentali di democrazia e diritti umani”. Ha anche rimproverato al governo di “cercare di distrarre l’attenzione dalle sue azioni colpevolizzando gli Stati Uniti”.
Per Harold Trinkunas, direttore del programma America latina del Centro studi Brookings, queste dichiarazioni della Casa Bianca sono diverse da altri perché i funzionari sanzionati sono stati identificati.
Il procedimento legale è stato già applicato ad Iran, Siria e Birmania e ad altri regimi considerati da Washington ostili e pericolosi per la pace mondiale. Anche verso Ucraina, Sud Sudan, Repubblica Centroafricana, Yemen, Libia e Somalia sono state applicate misure simili. Secondo la Bbc quando il presidente degli Stati Uniti firma l’ordine nel quale dichiara uno stato di emergenza, ottiene una serie di poteri speciali per l’applicazione di sanzioni e il blocco di beni e proprietà in territorio americano.
Oltre a bloccare una rete di corruzione venezuelana con base negli Stati Uniti, queste misure contribuiranno ad annullare possibili conflitti in America latina. La Casa Bianca ha lamentato come il Paese sudamericano si stia allontanando dagli Stati Uniti in un momento in cui la regione sta facendo il contrario. Ma secondo David Smilde del Washington Office on Latin America queste nuove sanzioni americane rafforzano la teoria del governo venezuelano di un intervento militare degli Stati Uniti in Venezuela.
La risposta del presidente Maduro è stata immediata. E come al solito, trasmessa a rete unificata in radio e tv. “Il governo americano vuole farmi cadere. È questo il mandato. È l’anticamera di un intervento militare”, ha detto. Il presidente del Parlamento, Diosdado Cabello, ha detto che quello che l’amministrazione di Obama “sta pianificando, e dobbiamo dirlo, sono attacchi alla nostra terra, contro il nostro Paese, attacchi militari”.
L’annuncio delle nuove sanzioni americane è arrivato dopo che il governo venezuelano ha ordinato una riduzione del personale diplomatico degli Stati Uniti in Venezuela e imposto la richiesta di un visto speciale per chi vuole viaggiare nel Paese.
Il Washington sostiene che le sanzioni sono contro funzionari specifici e non contro i venezuelani. Non ci saranno conseguenze economiche contro il settore industriale.
L’importazione di petrolio non è inclusa nelle sanzioni. Il Venezuela è il quarto fornitore di greggio degli Stati Uniti e, anche se la produzione è calata negli ultimi mesi, l’acquisto di petrolio per il consumo interno negli Usa continuerà.