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martedì 10 novembre 2015

VIDEO: Modigliani, donna nuda da record all'asta da Christie' s











I nudi di Amedeo Modigliani realizzati per Léopold Zborowski fanno sempre grande scalpore nelle aste d’oltreoceano.
Questa volta è “Nu couché”, il grande nudo disteso realizzato tra il 1917e il 1918 dall’artista maledetto per eccellenza, ad aver catalizzato l’attenzione del mondo dell’arte su di sé.
La tela infrange i precedenti record del pittore italiano, nel 2010 “Nu assis sur un divan (La Belle Romaine)” era stato battuto a 70 milioni di dollari, raggiungendo la mirabolante cifra di 170,405,000 dollari.
Il dipinto ha fatto tappa in diverse prestigiose sede museali, dal Palais des Beaux Arts di Bruxelles alloStedelijk Museum di Amsterdam, dal Musée National d’Art Moderne di Parigi alla Tate Gallery e laRoyal Academy of Arts di Londra, dal Museo d’Arte Moderna di New York al Palazzo Reale di Milano.
Pare che ieri, nella sede di New York di Christie’s, la battaglia tra gli acquirenti sia stata emozionante e vertiginosa.
L’asta incentrata sul tema “The Artist’s Muse” nell’arte del XX secolo ha collezionato altri record mondiali“Nurse” di Roy Lichtenstein venduto a 95 milioni di dollari, la statua “Thérèse” di Paul Gauguin battuta a quasi 31 milioni di dollari e “Femme nue couchée” di Gustave Courbet piazzata a 15 milioni di dollari.



giovedì 18 dicembre 2014

Cambiano le relazioni diplomatiche tra Usa e Cuba

Comincia una nuova era dei rapporti tra Stati Uniti e Cuba. "L'isolamento non ha funzionato", è giunto il momento di "un nuovo approccio" tra i due Paesi che porti anche alla fine dell'embargo.

NEW YORK. 
Comincia una nuova era dei rapporti tra Stati Uniti e Cuba. "L'isolamento non ha funzionato", è giunto il momento di "un nuovo approccio" tra i due Paesi che porti anche alla fine dell'embargo: con una mossa storica, che a sorpresa archivia mezzo secolo di tensioni, Barack Obama ha annunciato in diretta tv che gli Usa ristabiliranno piene relazioni con Cuba, che Washington aprirà un'ambasciata all'Avana e che, grazie a contatti segreti portati avanti anche con l'aiuto di Papa Francesco, le autorità cubane hanno deciso di rilasciare "per motivi umanitari" Alan Gross, un americano che era detenuto a Cuba da oltre cinque anni.
E ancora, gli Usa hanno revocato le restrizioni su viaggi e rimesse in denaro verso l'isola caraibica e hanno accettato di liberare tre agenti cubani detenuti in Usa per spionaggio. Il regime dell'Avana ha rilasciato anche uno degli agenti segreti americani detenuto a Cuba da 20 anni e ha disposto la liberazione di "persone riguardo alle quali gli Usa avevano espresso il loro interesse", ovvero 56 prigionieri politici detenuti nell'isola: ad annunciarlo, in una diretta televisiva contemporanea a quella di Obama, è stato proprio Raul Castro. In un discorso ai cubani il fratello di Fidel ha affermato che le decisioni su Cuba prese dal presidente Obama "meritano il rispetto e il riconoscimento del nostro popolo", anche se, ha aggiunto, si tratta di misure che "non risolvono la questione principale, cioè il blocco economico, commerciale e finanziario che provoca enormi danni economici e umani, e deve cessare". Resta però il fatto che la svolta impressa dai due leader, maturata in contatti segreti avviati un anno e mezzo fa e giunta dopo un colloquio diretto martedì scorso ha una portata enorme.
E sia Obama che Castro hanno affermato che un importante ruolo per giungere a questo risultato lo ha svolto il Pontefice, che negli ultimi mesi aveva scritto ad entrambi, mentre ad ottobre il Vaticano ha ospitato anche un incontro tra le delegazioni dei due Paesi. "Voglio ringraziare Papa Francesco", ha detto Obama, così come Castro, che ha ringraziato il Vaticano "e in particolare Papa Francesco" per la sua mediazione. A sua volta, il Pontefice, di cui ieri ricorreva peraltro il 78/mo compleanno, ha espresso il suo "vivo compiacimento per la storica decisione dei Governi degli Stati Uniti d'America e di Cuba di stabilire relazioni diplomatiche". Soddisfazione per "la notizia molto positiva" è stata espressa anche dal segretario generale dell' Onu Ban Ki-moon, così come dal premier Matteo Renzi, che ha definito il disgelo tra i due Paesi "un passo avanti straordinario verso quegli obiettivi di apertura e dialogo che l'Italia, anche nella sua veste di presidente di turno dell'Ue, considera essenziali". I tempi del riavvicinamento saranno probabilmente veloci. "Ho dato al segretario di Stato John Kerry il mandato di avviare negoziati immediati con L'Avana per riavviare il dialogo fermo dal 1961", ha detto Obama, aggiungendo che Cuba verrà rimossa dalla ‘lista nera' dei Paesi che sponsorizzano il terrorismo. E ancora, Obama ha annunciato di aver autorizzato "un aumento dei collegamento di telecomunicazioni tra Stati Uniti e Cuba", in modo che le aziende "saranno in grado di vendere merci che permetteranno ai cubani di comunicare con gli Usa e con altri Paesi".
E Kerry è pronto a partire. "Non vedo l'ora di essere il primo segretario di Stato americano a visitare Cuba in 60 anni", ha affermato. Allo stesso tempo, Obama parlerà al Congresso per arrivare alla revoca dell'embargo. Un risultato che vorrebbe raggiungere entro la fine del suo mandato, nel 2016. Non sarà però facile. Lo speaker della Camera, il repubblicano John Boehner, ha già bollato la svolta del presidente come "una concessione stupida", mentre l'influente senatore Marco Rubio, possibile candidato della destra alla Casa Bianca nel 2016, ha annunciato che farà "ogni sforzo per bloccare il tentativo disperato e pericoloso del presidente di lucidare la sua eredità a spese del popolo cubano". Un proposito già assunto anche da altri esponenti repubblicani, che sono già sul piede di guerra. Ma Obama non intende mollare: "Todos somos americanos", siamo tutti americani, ha affermato dando alla sua decisione anche un aspetto emotivo che va oltre la politica tradizionale. E la Casa Bianca fa sapere che il presidente non esclude una sua visita a Cuba.

giovedì 4 dicembre 2014

Leader afroamericani convocano marcia il 13 a New York contro violenze polizia











E' il momento di una manifestazione nazionale per affrontare un problema nazionale". Così il reverendo Al Sharpton, storico leader newyorkese del movimento per i diritti civili, ha annunciato per il 13 dicembre prossimo una marcia a Washington per protestare contro la violenza della polizia contro gli afroamericani. E contro il fatto che troppo spesso gli agenti responsabili non vengono perseguiti, come è avvenuto a Ferguson per la morte di Mike Brown ed a New York per la morte di Eric Garner. "Non abbiamo fiducia nelle procuratori statali perchè lavorano mano nella mano con la polizia locale", ha detto Sharpton in una conferenza stampa ad Harlem a cui hanno partecipato anche la madre e la vedova di Garner, il 43enne afroamericano rimasto ucciso il 17 luglio scorso a Staten Island durante l'arresto, perché sospettato di vendere sigarette di contrabbando, perché un poliziotto lo ha soffocato stringendolo al collo. L'annuncio di Sharpton è avvenuto mentre a New York, ed in altre parti del paese, migliaia di persone protestavano per la decisione del grand jury di non incriminare il poliziotto. "Ci troviamo di fronte una crisi nazionale - ha detto - quante persone devono morire prima che la gente capisca che questa è veramente una cosa con l'America deve fare i conti".