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martedì 12 maggio 2015

La Libia avverte: “Isis sarà in Italia entro poche settimane”




Il Ministro dell'Informazione turco avverte l'Italia: "L'Isis arriverà da voi con i barconi nelle prossime settimane", ribadendo poi l'appello a togliere l'embargo sulle armi: "Combatteremo lo Stato Islamico anche per voi"




I miliziani dell’Isis raggiungeranno le coste italiane nell’arco di poche settimane. Ne è convinto il governo di Tobruk, che ammonisce il nostro Paese riguardo ad una possibile infiltrazione di terroristi islamici che avverrà nelle prossime settimane mediante i barconi degli scafisti. Non è la prima volta che dalla Libia arrivano ammonimenti di questo genere, ma in questo caso Omar al Gawari, il Ministro dell’Informazione libico, sembra essere particolarmente convinto delle proprie esternazioni.
“Nelle prossime settimane l’Italia sperimenterà l’arrivo non solo di proveri emigranti dall’Africa, ma anche di barconi che trasportano Daesh (il nome arabo per indicare lo Stato Islamico, ndr). Ma al Gawari non si ferma qui, rendendo noto anche che “Malta e l’Italia saranno interessate da operazioni attraverso i porti che sono dominati da Fajr Libya”Fajr Libya è la coalizione delle milizie filo-estremiste che risultano essere attualmente al potere a Tripoli, e che controllano parimenti anche le regioni occidentali della Libia.
“L’esercito ed i responsabili libici hanno informazioni in proposito” ha poi concluso il Ministro dell’Informazione della Libia, che ha così lasciato intendere di essere in possesso di materiale sensibile riguardante la reale minaccia dello sbarco dell’Isis in Italia, ma di non poterlo diffondere al momento. Omar al Gawari ha poi affermato che “Le forze armate libiche devono essere ben equipaggiate per far fronte all’emigrazione clandestina: sia la Marina che protegge le coste, sia l’esercito che protegge le frontiere terrestri”, allo scopo di prevenire ogni infiltrazione di terroristi.
Ribadita anche la richiesta, già espressa più volte ma finora rimasta inascoltata, di eliminare l’embargo sulle armi in Libia: “I libici vogliono che sia tolto l’embargo sulle armi, e pagheranno col loro denaro per acquistare le armi necessarie per restaurare la pace e la sicurezza del Paese. Non abbiamo bisogno di aerei. Per questo-conclude al Gawari-chiediamo alla comunità nazionale di indirizzare un messaggio ai golpisti di Triplo di smetterla, lasciando operare il governo legittimo che è stato eletto”.
Come già affermato in altre sedi dunque, la Libia non chiede soldati, operazioni umanitarie o aerei di supporto: chiede semplicemente di potersi armare così da combattere da sola l’Isis in casa propria prima che possa raggiungere il nostro Paese. Il governo di Tobruk è particolarmente sensibile al problema dello Stato Islamico, e solo ieri la Libia ha bombardato un mercantile turco perché si era avvicinato troppo alla città-califfato dell’Isis di Derna. Il governo libico è infatti convinto che la Turchia, contrariamente a quanto dichiara, finanzi segretamente i terroristi, fornendo loro soldi ed armi.



giovedì 18 dicembre 2014

Cambiano le relazioni diplomatiche tra Usa e Cuba

Comincia una nuova era dei rapporti tra Stati Uniti e Cuba. "L'isolamento non ha funzionato", è giunto il momento di "un nuovo approccio" tra i due Paesi che porti anche alla fine dell'embargo.

NEW YORK. 
Comincia una nuova era dei rapporti tra Stati Uniti e Cuba. "L'isolamento non ha funzionato", è giunto il momento di "un nuovo approccio" tra i due Paesi che porti anche alla fine dell'embargo: con una mossa storica, che a sorpresa archivia mezzo secolo di tensioni, Barack Obama ha annunciato in diretta tv che gli Usa ristabiliranno piene relazioni con Cuba, che Washington aprirà un'ambasciata all'Avana e che, grazie a contatti segreti portati avanti anche con l'aiuto di Papa Francesco, le autorità cubane hanno deciso di rilasciare "per motivi umanitari" Alan Gross, un americano che era detenuto a Cuba da oltre cinque anni.
E ancora, gli Usa hanno revocato le restrizioni su viaggi e rimesse in denaro verso l'isola caraibica e hanno accettato di liberare tre agenti cubani detenuti in Usa per spionaggio. Il regime dell'Avana ha rilasciato anche uno degli agenti segreti americani detenuto a Cuba da 20 anni e ha disposto la liberazione di "persone riguardo alle quali gli Usa avevano espresso il loro interesse", ovvero 56 prigionieri politici detenuti nell'isola: ad annunciarlo, in una diretta televisiva contemporanea a quella di Obama, è stato proprio Raul Castro. In un discorso ai cubani il fratello di Fidel ha affermato che le decisioni su Cuba prese dal presidente Obama "meritano il rispetto e il riconoscimento del nostro popolo", anche se, ha aggiunto, si tratta di misure che "non risolvono la questione principale, cioè il blocco economico, commerciale e finanziario che provoca enormi danni economici e umani, e deve cessare". Resta però il fatto che la svolta impressa dai due leader, maturata in contatti segreti avviati un anno e mezzo fa e giunta dopo un colloquio diretto martedì scorso ha una portata enorme.
E sia Obama che Castro hanno affermato che un importante ruolo per giungere a questo risultato lo ha svolto il Pontefice, che negli ultimi mesi aveva scritto ad entrambi, mentre ad ottobre il Vaticano ha ospitato anche un incontro tra le delegazioni dei due Paesi. "Voglio ringraziare Papa Francesco", ha detto Obama, così come Castro, che ha ringraziato il Vaticano "e in particolare Papa Francesco" per la sua mediazione. A sua volta, il Pontefice, di cui ieri ricorreva peraltro il 78/mo compleanno, ha espresso il suo "vivo compiacimento per la storica decisione dei Governi degli Stati Uniti d'America e di Cuba di stabilire relazioni diplomatiche". Soddisfazione per "la notizia molto positiva" è stata espressa anche dal segretario generale dell' Onu Ban Ki-moon, così come dal premier Matteo Renzi, che ha definito il disgelo tra i due Paesi "un passo avanti straordinario verso quegli obiettivi di apertura e dialogo che l'Italia, anche nella sua veste di presidente di turno dell'Ue, considera essenziali". I tempi del riavvicinamento saranno probabilmente veloci. "Ho dato al segretario di Stato John Kerry il mandato di avviare negoziati immediati con L'Avana per riavviare il dialogo fermo dal 1961", ha detto Obama, aggiungendo che Cuba verrà rimossa dalla ‘lista nera' dei Paesi che sponsorizzano il terrorismo. E ancora, Obama ha annunciato di aver autorizzato "un aumento dei collegamento di telecomunicazioni tra Stati Uniti e Cuba", in modo che le aziende "saranno in grado di vendere merci che permetteranno ai cubani di comunicare con gli Usa e con altri Paesi".
E Kerry è pronto a partire. "Non vedo l'ora di essere il primo segretario di Stato americano a visitare Cuba in 60 anni", ha affermato. Allo stesso tempo, Obama parlerà al Congresso per arrivare alla revoca dell'embargo. Un risultato che vorrebbe raggiungere entro la fine del suo mandato, nel 2016. Non sarà però facile. Lo speaker della Camera, il repubblicano John Boehner, ha già bollato la svolta del presidente come "una concessione stupida", mentre l'influente senatore Marco Rubio, possibile candidato della destra alla Casa Bianca nel 2016, ha annunciato che farà "ogni sforzo per bloccare il tentativo disperato e pericoloso del presidente di lucidare la sua eredità a spese del popolo cubano". Un proposito già assunto anche da altri esponenti repubblicani, che sono già sul piede di guerra. Ma Obama non intende mollare: "Todos somos americanos", siamo tutti americani, ha affermato dando alla sua decisione anche un aspetto emotivo che va oltre la politica tradizionale. E la Casa Bianca fa sapere che il presidente non esclude una sua visita a Cuba.