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mercoledì 10 giugno 2015

Liberato il medico rapito a gennaio in Libia





Torna a casa dopo mesi di prigionia il medico Ignazio Scaravilli, vittima di un sequestro in Libia dallo scorso 6 gennaio, ma strappato dalle mani nemiche grazie alle autorità di Tripoli ed a breve rientrerà in patria. Le stesse autorità, i cui uffici stanno ospitando temporaneamente Scaravilli, hanno avviato gli “adempimenti di rito” dopo le quali l’uomo potrà far ritorno.






Si stima che ciò possa accadere già tra pochi giorni, alla notizia la reazione della moglie: “Per il momento sono troppo agitata. Non sono in grado di parlare”, ha dichiarato la donna, “Dovete scusarmi ma io per il momento non sono in grado di fare nessuna conversazione. Sono contenta. Posso non essere contenta di una notizia del genere? Però sono troppo agitata.” Il ritorno di Ignazio Scaravilli, che secondo fonti ufficiali sarebbe in buono stato disalute, è quasi certo, nonostante le trattative siano ancora in corso. Si è espresso sul caso ed in via ufficiale anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel ringraziare tutte le autorità che hanno contribuito alla buona riuscita del salvataggio ed ha comunicato la propria soddisfazione per la conclusione positiva della vicenda. Tuttavia, la nazione attende ancora il ritorno di padre Paolo Dall’Oglio, il gesuita rapito quasi due anni fa (il 27 luglio 2013) in Siria.





lunedì 25 maggio 2015

VIDEO DELLE DICHIARAZIONI ALLA STAMPA DEL PRESIDENTE MATTARELLA IN SERBIA






Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in visita ufficiale a Belgrado: "L'ingresso della Serbia nell'UE completerebbe il disegno dell'Europa". "E' nell'interesse dell'Europa e dell'intera area balcanica".


"Siamo convinti sostenitori del rapido processo di adesione della Serbia nell'Unione Europea. E' nell'interesse dell'Europa e dell'equilibrio dell'intera area balcanica. L'ingresso della Serbia nell'Unione Europea servirebbe per completare il disegno europeo"

Lo ha affermato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, al termine dell'incontro con il suo omologo serbo, Tomislav Nikolic.
Il presidente serbo, Tomislav Nikolic, ha ringraziato, quindi, l'Italia


"per l'appoggio nel nostro cammino verso l'Unione Europea. Siamo grati al contingente italiano che protegge i nostri luoghi sacri in Kossovo. Sono pochi i popoli per i quali la Serbia sente rapporti così vicini".

Sergio Mattarella, arrivato ieri sera a Belgrado per una visita ufficiale al paese, ha in programma una fitta serie d'incontri istituzionali. Nel pomeriggio, il presidente della Repubblica incontrerà il primo ministro serbo, Aleksandr Vucinic, e, successivamente, interverrà all'Assemblea nazionale serba. Domani proseguirà il viaggio lungo i Balcani, visitando il Montenegro.

Il Capo dello Stato italiano, a sua volta, ha ringraziato il Presidente Nikolic "per l'accoglienza che testimonia il rapporto di grande amicizia tra Serbia e Italia". E ha precisato che "il rapporto tra i nostri due paesi è di ampia collaborazione in ampi versanti e settori, in quello economico —commerciale, che speriamo si accresca sempre più, ma anche in quello culturale. Sono rapporti nella prospettiva di un'integrazione nell'Unione Europea dell'intera area balcanica". Concludendo, Sergio Mattarella ha affermato di avere registrato  "amicizia e collaborazione tra Serbia e Italia. La nostra amicizia è sempre più forte non soltanto nelle nostre istituzioni ma anche tra i nostri due popoli".









Vucic sulla libertà di stampa: “Ho fatto un sacco di dichiarazioni stupide”

l primo ministro serbo Aleksandar Vucic ha detto che in Serbia vi è completa libertà di stampa e che ogni media ha il diritto di fare critiche sul suo conto.
“In Serbia vi è completa libertà dei media, ma naturalmente, si può sempre fare meglio e farò di tutto per rendere questo possibile. Ognuno mi può criticare quando lo vuole  in qualsiasi servizio di media, non ci sono problemi”, ha detto Vucic all’emittente “Global Conversations” sul canale Euronews. Alla domanda se farebbe il paragone della situazione dei mezzi di comunicazione dei tempi quando era il ministro delle Informazioni, Vucic ha detto che è facile dire qualcosa contro di lui su questo tema, aggiungendo che in Serbia vi è piena libertà dei media.
Alla constatazione della conduttrice per quanto riguarda il rapporto sui progressi della Serbia in cui è stata espressa la preoccupazione  per la libertà di espressione, come anche sul fatto che la Serbia è scesa di 13 posizioni nella classifica mondiale della libertà di stampa, Vucic ha detto che la Serbia ha adottato tre leggi sui media che sono conformi alla legislazione europea. “Sono sempre pronto ad ascoltare tutte le loro osservazioni, tutte le vostre osservazioni e stabilire sempre migliori condizioni per i media, non ne ho paura per niente”, ha detto Vucic.
Al primo ministro serbo è anche stato domandato se si vergogna del fatto che durante il governo di Slobodan Milosevic era il ministro delle Informazioni, Vucic ha ammesso  di sentirsi “a disagio”, a causa della legge sull’informazione che allora era stata proposta. “Questa è stata una legge sull’informazione molto stupida e l’ho confessato alla mia gente”, ha detto Vucic, aggiungendo inoltre che la sua presunta dichiarazione “per ogni serbo assassinato, cento mussulmani”  è stata tratta fuori dal contesto. “Ho fatto un sacco di dichiarazioni stupide, ma questa è assolutamente fuori dal contesto”, ha detto il vice primo ministro serbo Aleksandar Vucic.




lunedì 4 maggio 2015

VIDEO: Italia, Si della Camera all' Italicum: opposizioni fuori e No da minoranza P.D.



Già approvato dal Senato, l' Italicum ottiene il definitivo via libera anche alla Camera.

Una vittoria per il premier italiano Matteo Renzi, che sulla riforma della Legge elettorale aveva puntato molto della sua credibilità politica. Ma una vittoria pagata con un'ulteriore spaccatura del suo Partito democratico.

Deserti i banchi dell'opposizione, che sceglie l'aventino e chiede al presidente Mattarella di non ratificare la legge.







La riforma elettorale è legge: 334 sì.
Renzi: Promessa mantenuta, avanti con coraggio

 - L'Italicum è legge. Con 334 voti a favore e 61 contrari l'aula della Camera ha dato il via libera al disegno di legge che riforma la legge elettorale, riforma voluta fortemente dal governo di Matteo Renzi. Il voto si è svolto a scrutinio segreto come richiesto da Forza Italia, Fdi e Lega Nord. Le opposizioni non hanno partecipato al voto.
I NUMERI DEL VOTO FINALE- Non hanno preso parte al voto finale sull'Italicum 6 deputati del Pd, 3 dem si sono astenuti e uno, Eleonora Cimbro, era in missione. Pier Luigi Bersani e Rosy Bindi hanno partecipato al voto. Su 310 deputati del Pd, 303 hanno partecipato al voto, 1 era in missione e 6 non hanno preso parte al voto finale sull'Italicum alla Camera. Di Area Popolare (Udc e Ncd) su 33 deputati, 30 hanno partecipato, 2 non hanno preso parte al voto e 1 era in missione. Di Forza Italia su 70 deputati, 1 ha partecipato al voto (si tratta di Francesco Saverio Romano, che lo ha dichiarato in Aula), 8 erano in missione e 61 non hanno partecipato alla votazione. Fedeli alla linea i 17 deputati della Lega Nord che non sono entrati in Aula, così come i 24 di Sel e i 90 del M5S (tranne 1 che era in missione).
Anche i deputati di Fratelli d'Italia non hanno partecipato al voto: 6 su 8, (due erano in missione). Del gruppo Misto, su 38 deputati, 29 hanno partecipato allo scrutinio finale, 7 non vi hanno preso parte e 2 erano in missione. Sui 13 deputati di Per l'Italia-Centro democratico, 12 hanno votato e 1 non ha partecipato. Dei 25 deputati di Scelta civica per l'Italia, 24 hanno votato mentre uno era in missione. Alla Camera hanno preso parte al voto finale sull'Italicum 399 deputati, pari al 63,43 per cento del totale mentre non hanno partecipato 214 deputati, vale a dire il 34,02 per cento. In missione 16 deputati, pari al 2,54 per cento.

RENZI: PROMESSA RISPETTATA AVANTI CON UMILTA' E CORAGGIO - "Impegno mantenuto, promessa rispettata. L'Italia ha bisogno di chi non dice sempre no. Avanti, con umiltà e coraggio. #lavoltabuona". Lo scrive il premier Matteo Renzi su Twitter.
BOSCHI: MISSIONE COMPIUTA, PROMESSA MANTENUTA -"Missione compiuta. Avevamo promesso una legge elettorale che dava la sera stessa del voto un presidente certo e lo abbiamo mantenuto". Così Maria Elena Boschi, ministra per le Riforme, commentando con i giornalisti l'approvazione dell'Italicum in aula alla Camera.
BRUNETTA (FI): VITTORIA DI PIRRO, ORA SALTANO RIFORME - L'approvazione dell'Italicum è "una vittoria di Pirro, di Renzi e del suo governo. Con questi voti la riforma costituzionale non passerà mai e se non passa questo Italicum è incostituzionale". Così il capogruppo alla Camera di Forza Italia, Renato Brunetta, commentando il voto finale sulla riforma della legge elettorale. "I numeri sono tali - spiega - che in Senato Renzi non ha la maggioranza ormai su nulla".
ALFANO: APPROVATA UNA BUONA LEGGE ELETTORALE-  "Abbiamo approvato una buona legge elettorale che dà all'Italia stabilità, rappresentanza e pure le preferenze". Così il ministro dell'Interno, Angelino Alfano, commentando l'approvazione dell'Italicum a Montecitorio. Ma il numero dei no non è stato superiore al previsto? "L'importante - ribatte - è l'approvazione con una maggioranza ampiamente sopra quella della composizione della Camera".





Ecco come cambia la legge elettorale, dopo il sì della riforma da parte della Camera.
SOGLIA DI SBARRAMENTO AL 3%, OPPOSIZIONI FRAMMENTATE. Partiti come Sel, che ottenne 37 seggi col suo 3,20% dei voti, sarebbero entrati alla Camera (il nuovo sbarramento è al 3%), con circa 8-9 deputati. La Lega, che col 4,09% dei voti ha ottenuto 18 seggi, ne avrebbe avuti forse meno di una dozzina. Una soglia di sbarramento bassa, come quella del 3%, favorirà la frammentazione delle opposizioni e ridurrà la loro forza di impatto sulle politiche del Governo.

LA GUERRA CON FI E CON I DISSIDENTI PD. Forza Italia è sempre stata contraria all'attribuzione del premio di maggioranza al partito e non alla coalizione. Silvio Berlusconi, infatti, da tempo lavora alla ricostruzione di un polo di centrodestra e, con questa legge, l'unica speranza di tornare al Governo per la sua area diventerà convincere tutti a entrare in un unico partito, orizzonte piuttosto difficile da immaginare visto il fallimento del Pdl - "per organizzarsi hanno tempo fino al 2018", ha chiosato ieri il premier Matteo Renzi a Bologna -. Nonostante la contrarietà su questo punto, Berlusconi ha dato seguito al patto del Nazareno, mettendo a disposizione i voti del suo partito per approvare la riforma in Senato, con l'intesa che si sarebbe trovato un accordo analogo anche sul presidente della Repubblica (qualcuno dei dissidenti del Pd, come Rosy Bindi, visto il tanto che Berlusconi politicamente aveva da perdere su questo punto, sostiene che dovesse esserci a margine anche qualche altra intesa mai resa nota, che riguardasse i suoi guai giudiziari). Saltato il patto del Nazareno, Forza Italia ha fatto le barricate alla Camera e ha denunciato la legge come anticostituzionale.

I dissidenti del Pd, guidati dall'ex segretario Pier Luigi Bersani, da Gianni Cuperlo, Stefano Fassina, Pippo Civati, Rosy Bindi e altri, sono contrari al provvedimento soprattutto per via dei capilista bloccati. Il primo nome di ciascuna lista, infatti, sarà deciso dal partito e, di fatto, automaticamente eletto per i principali partiti. I dissidenti vorrebbero estendere la preferenza a tutta la lista. Con questo testo, infatti, le segreterie dei partiti avranno un grande potere nel decidere chi saranno gli eletti alle elezioni successive e potranno così consolidare ulteriormente il proprio consenso interno favorendo una progressiva fuoriuscita dal Parlamento delle voci dissonanti. C'è da dire, però, che sul tema delle preferenze l'opinione prevalente dentro il Pd è storicamente stata quella di limitarle, per evitare che il voto possa dare spazio a clientele sul territorio. Perciò il tema è delicato e la battaglia su questo punto soggetta a geometrie variabili.

 SOGLIA DI SBARRAMENTO AL 3%, OPPOSIZIONI FRAMMENTATE. Partiti come Sel, che ottenne 37 seggi col suo 3,20% dei voti, sarebbero entrati alla Camera (il nuovo sbarramento è al 3%), con circa 8-9 deputati. La Lega, che col 4,09% dei voti ha ottenuto 18 seggi, ne avrebbe avuti forse meno di una dozzina. Una soglia di sbarramento bassa, come quella del 3%, favorirà la frammentazione delle opposizioni e ridurrà la loro forza di impatto sulle politiche del Governo.




LA GUERRA CON FI E CON I DISSIDENTI PD.
 Forza Italia è sempre stata contraria all'attribuzione del premio di maggioranza al partito e non alla coalizione. Silvio Berlusconi, infatti, da tempo lavora alla ricostruzione di un polo di centrodestra e, con questa legge, l'unica speranza di tornare al Governo per la sua area diventerà convincere tutti a entrare in un unico partito, orizzonte piuttosto difficile da immaginare visto il fallimento del Pdl - "per organizzarsi hanno tempo fino al 2018", ha chiosato ieri il premier Matteo Renzi a Bologna -. Nonostante la contrarietà su questo punto, Berlusconi ha dato seguito al patto del Nazareno, mettendo a disposizione i voti del suo partito per approvare la riforma in Senato, con l'intesa che si sarebbe trovato un accordo analogo anche sul presidente della Repubblica (qualcuno dei dissidenti del Pd, come Rosy Bindi, visto il tanto che Berlusconi politicamente aveva da perdere su questo punto, sostiene che dovesse esserci a margine anche qualche altra intesa mai resa nota, che riguardasse i suoi guai giudiziari). Saltato il patto del Nazareno, Forza Italia ha fatto le barricate alla Camera e ha denunciato la legge come anticostituzionale.

I dissidenti del Pd, guidati dall'ex segretario Pier Luigi Bersani, da Gianni Cuperlo, Stefano Fassina, Pippo Civati, Rosy Bindi e altri, sono contrari al provvedimento soprattutto per via dei capilista bloccati. Il primo nome di ciascuna lista, infatti, sarà deciso dal partito e, di fatto, automaticamente eletto per i principali partiti. I dissidenti vorrebbero estendere la preferenza a tutta la lista. Con questo testo, infatti, le segreterie dei partiti avranno un grande potere nel decidere chi saranno gli eletti alle elezioni successive e potranno così consolidare ulteriormente il proprio consenso interno favorendo una progressiva fuoriuscita dal Parlamento delle voci dissonanti. C'è da dire, però, che sul tema delle preferenze l'opinione prevalente dentro il Pd è storicamente stata quella di limitarle, per evitare che il voto possa dare spazio a clientele sul territorio. Perciò il tema è delicato e la battaglia su questo punto soggetta a geometrie variabili.

 L'OPPOSIZIONE DEGLI ALTRI PARTITI. I partiti minori si oppongono alla nuova legge elettorale perché, evidentemente, questo sistema li condannerà a essere ininfluenti, mentre il Movimento 5 Stelle è contrario perché intravede, nella legge, un pericolo autoritario dal momento che, a conti fatti, considerando una affluenza alle urne intorno al 70%, un partito che raccolga il consenso del 20% dei cittadini potrà controllare il 55% della Camera.

IN FRANCIA
. Ma come funziona in Francia e in Germania? In Francia il potere esecutivo, diversamente da quello che succede da noi, è in capo al presidente della Repubblica, che viene eletto direttamente dai cittadini. Lui stesso nomina però anche un primo ministro, che non ha bisogno di un voto di fiducia per insediarsi, ma che può essere sfiduciato dall'Assemblea nazionale. Può capitare che presidente della Repubblica e maggioranza parlamentare siano di segno politico opposto. In quel caso il premier è espressione della maggioranza parlamentare e si parla di coabitazione. In sostanza, la stabilità è garantita da due voti distinti, quello al presidente della Repubblica e quello al Parlamento, piuttosto che dal blindare i numeri in Parlamento con un premio di maggioranza che distorce come una lente di ingrandimento il risultato delle urne.
 IN GERMANIA. In Germania il sistema è più simile al nostro, con un presidente della Repubblica sopra le parti e con un cancelliere federale che ha bisogno della fiducia del Bundestag. Ma in Germania i deputati possono sfiduciare il capo del Governo soltanto se contestualmente ne eleggono un altro. Un meccanismo, definito sfiducia costruttiva, che di fatto rende il Governo molto solido, anche di fronte a un sistema elettorale proporzionale, che di per sé favorirebbe la frammentazione.

NEGLI USA
. E negli Usa? Lì, come in Francia, il presidente è eletto direttamente dai cittadini. E' l'unico titolare del potere esecutivo e non dipende da un voto di fiducia del Congresso. Quest'ultimo, però, può eprimere una maggioranza di segno politico opposto al presidente. In questo caso il presidente deve faticare a trovare un'intesa con l'opposizione per far passare i provvedimenti ma non cade il Governo, né si scioglie il Congresso.