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martedì 26 gennaio 2016

VIDEO: Schengen: i ministri vogliono mandare Frontex al confine macedone con la Grecia









Schengen è in bilico, mentre l’Europa si prepara al peggio. «È salvo per ora», dice il ministro dell’Interno Angelino Alfano. Ma «sta per saltare», mette in guardia il suo omologo austriaco Johanna Mickl-Leitner «Dobbiamo fare del nostro meglio per salvaguardare la più grande conquista dell’integrazione europea», avverte il commissario Ue all’Immigrazione Dimitris Avramopoulos, che prova a stemperare le tensioni spiegando di aver riscontrato una forte volontà degli Stati a lavorare per attuare tutte le misure già varate per rafforzare le frontiere esterne e gestire i flussi. Sta però di fatto che una «larga maggioranza» di Paesi, e non soltanto i sei che attualmente hanno ripristinato i controlli (Austria, Germania, Svezia, Norvegia, Francia, Danimarca), ha «invitato la Commissione a preparare le procedure per l’attivazione dell’articolo 26 nell’ambito del codice Schengen», come spiega il ministro olandese alla Sicurezza Klaas Dijkhof, presidente di turno del consiglio europeo. L’articolo prevede la possibilità per uno o più Stati membri di estendere i controlli alle frontiere interne fino a due anni: una misura che di fatto scardina la filosofia su cui è nata l’area di libera circolazione. La regola era stata inserita nel Codice Schengen nel 2013, dopo le Primavere arabe e le frizioni Berlusconi-Sarkozy, quando Parigi voleva bloccare il flusso di migranti a Ventimiglia. Ma l’articolo 26 rischia di essere usato per la prima volta a maggio, quando Germania e Austria saranno i primi due Paesi ad aver esaurito il tempo messo a disposizione dalle norme ordinarie, il 24 e 25, utilizzate fino ad oggi. L’ipotesi di farvi ricorso era già stata paventata a dicembre, come strumento di pressione nei confronti della Grecia, assieme ad un’altra ipotesi, quella di creare una mini-Schengen. Le minacce erano poi rientrate, quando Atene aveva accettato le forze di intervento rapido Frontex. Ed è la gestione greca ad essere ancora una volta nel mirino. La penisola ellenica ora teme di restare isolata. I tecnici della Commissione Ue hanno già effettuato uno stress test alle sue frontiere e la valutazione definitiva planerà sul tavolo del summit dei leader di febbraio. Ma Atene – messa ancora una volta sul banco degli imputati dai Paesi del nord, ed in particolare dal ministro dell’Interno tedesco Thomas de Maiziere, «eserciteremo pressione affinché faccia i suoi compiti» – prova a difendersi. Il ministro alle Politiche migratorie greco Yoannis Mouzalas, invoca la piena attuazione delle misure europee e chiede uno stop «all’ingiusto gioco di accuse». Carenze e ritardi, spiega, non sono sempre imputabili al suo governo, ed elenca una lunga lista di quello che a suo avviso sono «bugie e verità». «Non è vero che non vogliamo Frontex. Vogliamo più forze di quante ne siano arrivate» sottolinea e mette in guardia rispetto alla proposta del premier sloveno Miroslav Cerar: le forze Frontex alla frontiera macedone sarebbero «un atto unilaterale e illegale, perché non è membro dell’Unione». Ma «il Consiglio Ue – spiega la presidenza olandese – ha dato un chiaro segnale alla Commissione di esplorare la possibilità nel quadro giuridico esistente per essere più flessibili e pragmatici possibile, in modo da riprendere il controllo nell’area». E anche il presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker nella sua risposta alla lettera di Cerar, appare possibilista. «Nessuno vuole buttare fuori la Grecia – dice Dijkhof – queste sono misure per tenerla dentro». Il ministro dell’Interno francese Bernard Cazeneuve intanto rilancia sulla necessità di controlli ferrei alle frontiere esterne e sul patto con Berlino, dove sarà la prossima settimana. «Se vogliamo evitare che Schengen si sciolga bisogna agire molto velocemente e con mano ferma», dice, chiedendo l’istituzione di una task force europea per lottare contro il fenomeno dei passaporti iracheni e siriani rubati.








lunedì 24 agosto 2015

Migranti: Vertice franco-tedesco a Berlino. Hollande e Merkel cercano un'iniziativa comune





Oggi pomeriggio la Cancelliera tedesca, Angela Merkel, e il presidente francese, 
Francois Hollande, discuteranno a Berlino di immigrazione. L'incontro assume particolare importanza alla luce della questione sbarchi nel Canale di Sicilia e della riapertura della frontiera da parte della Macedonia. I due promettono una "iniziativa per una politica migratoria europea", da sottoporre agli Stati membri nel vertice di Parigi a metà autunno.







Merkel, nei giorni scorsi, si è detta molto preoccupata per l'afflusso record di rifugiati in Germania: potrebbero essere 800mila entro la fine dell'anno. E il vice cancelliere, Sigmar Gabriel, ha parlato a riguardo "della più grande sfida per la Germania dalla Riunificazione". Per parte sua, il ministro degli Interni tedesco, Thomas de Maizière ha dichiarato sempre sul tema migranti: "È inaccettabile che le istituzioni europee lavorino a questi ritmi".
Sul tema immigrazione si è espresso anche il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, in un articolo pubblicato sul quotidianoRepubblica. Il politico lussemburghese, richiamando tutti alle proprie responsabilità, ha ribadito l'esigenza di trovare una soluzione condivisa: "L'Europa fallisce se la paura prende il sopravvento. L'Europa fallisce quando gli egoismi hanno più voce della solidarietà presente in ampie porzioni della nostra società. L'Europa ha successo quando superiamo in maniera pragmatica e non burocratica le sfide del nostro tempo. Spero che assieme - gli stati membri, le istituzioni e le agenzie Ue, le organizzazioni internazionali e i nostri vicini riusciamo a dimostrare che siamo all'altezza delle sfide. Sono convinto che possiamo farcela".
Quello che lascia interdetti, però, è che ancora una volta Parigi e Berlino trattino separatamente dagli altri Stati membri. E le parole di Juncker, come è già accaduto in passato, sembrano tardive e generiche. Il vertice odierno, inoltre, rischia di essere la solita mediazione a ribasso sulle quote migranti e sugli aiuti da stanziare ai paesi in difficoltà.
Mentre un flusso sempre più consistente di persone, provenienti da pesi in guerra, dall'Africa al Medio Oriente, prova ad entrare nei confini continentali, la Ue palesa tutte le sue debolezze strutturali. Una Unione fondata solo sulla moneta a cambio fisso, che non si è preventivamente preoccupata di unificare il mercato del lavoro, i sistemi educativi e la fiscalità potrà trovare risposte condivise sul tema migranti?
Il tentativo di fermare le partenze dai porti libici e la stipulazione di accordi bilaterali con regimi corrotti non riusciranno di certo a fermare l'esodo. Speriamo che quantomeno oggi emergano proposte di solidarietà in ambito U.e e delle sicurezze maggiori su tempi decisionali.



sabato 22 agosto 2015

VIDEO: Macedonia riapre i confini ai migranti: prima donne e bambini





Macedonia, migliaia di immigrati alla frontiera. I varchi attraverso il filo spinato

Sono ammassati da giorni, provengono in particolare da Siria e Afghanistan e sognano l'Europa




lunedì 6 luglio 2015

VIDEO: Si dimette Varoufakis, non gradito dai creditori





Dimissioni Varoufakis: perché il ministro greco delle Finanze ha lasciato?

Varoufakis si dimette subito dopo la vittoria del referendum. Ecco le ragioni e la traduzione del post in cui l'ha annunciato.




Il referendum in Grecia, con la schiacciante vittoria del 'no', provoca un terremoto in Europa portando tutti a cercare di prevedere quali potrebbero essere le conseguenze di questo risultato così forte. In primis, ovviamente, l'uscita della Grecia dall'euro. Ma una prima conseguenza, non completamente inaspettata ma comunque sorprendente, si è già verificata:Yannis Varoufakis, ministro delle Finanze, si è dimesso. L'annuncio è arrivato poco dopo l'esito del referendum in un post sul suo blog personale dal titolo "minister no more!".
"Come tutte le lotte per i diritti democratici, anche questo storico rifiuto dell'ultimatum dell'Eurogruppo del 25 giugno è stato conseguito a grande prezzo. Di conseguenza, è essenziale che il grande capitale conquistato dal nostro governo grazie allo splendido voto in favore del 'no' sia immediatamente investito in un 'sì' a una risoluzione più giusta: a un accordo che coinvolga la ristrutturazione del debito, meno austerità, la redistribuzione in favore dei bisognosi e vere riforme.
Subito dopo l'annuncio dei risultati del referendum, sono stato messo a conoscenza di una certa preferenza da parte dei partecipanti all'Eurogruppo per la mia... 'assenza' da quegli incontri; un'idea che il primo ministro giudica essere potenzialmente d'aiuto per raggiungere un accordo. Per questa ragione, oggi, lascio il ministero delle Finanze.
Considero mio dovere aiutare Alexis Tsipras a sfruttare il capitale che il popolo greco ci ha garantito attraverso il referendum.
E io porterò con orgoglio il disprezzo dei creditori.
Noi della Sinistra sappiamo come agire collettivamente senza interesse per i privilegi conferiti dal ruolo. Supporterò in pieno il primo ministro Tsipras, il nuovo ministro della Finanze e il nostro governo.
Lo sforzo sovraumano per onorare il coraggio del popolo greco, e il No che ha consegnato al mondo, è appena cominciato".
Varoufakis, quindi, si dimette per far sì che la sua presenza negli incontri dell'Eurogruppo (in cui si riuniscono i ministri delle Finanze europei) non sia più d'intralcio, stante la fortissima ritrosia che in quel consesso si ha nei suoi confronti. La richiesta, da quel che si capisce, è arrivata direttamente da Alexis Tsipras, che spera in questo modo di ammorbidire le richieste dell'Eurogruppo, facendosi forte del risultato del referendum e anche dell'aver "tolto di mezzo" il suo scomodo sodale.
La vera notizia, comunque, è che il governo greco non ha intenzione di utilizzare il referendum e il risultato schiacciante per uscire dalla moneta unica, ma solo per trovare condizioni migliori nelle trattative estenuanti con la Troika. Bisogna però vedere se la Troika ha intenzione di continuare a parlare con la Grecia.
Per quanto riguarda il ministero delle Finanze, si fa già qualche nome, tra cui Yannis Dragasakis (moderato) e Euklid Tsakalotos (falco) o anche di George Stathakis, attualmente ministro dell'Economia, delle Infrastrutture e del Turismo; ma è anche possibile che Tsipras assuma l'interim del ministero per gestire in prima persona questa fase delicatissima.



giovedì 2 luglio 2015

Grecia: Varoufakis spiega in sei punti perché i greci dovrebbero votare no al referendum del 5 luglio




In un articolo pubblicato sul suo blog, il ministro delle Finanze greco, Yanis Varoufakis, spiega perché secondo lui i cittadini greci dovrebbero votare no al referendum del 5 luglio.  



1) I negoziati si sono arenati perché i creditori si sono rifiutati di ridurre l’insostenibile debito pubblico di Atene e insistono sul fatto che andrebbe ripagato dai membri più deboli della società greca, dai loro figli e dai loro nipoti.
2) Il Fondo monetario internazionale, gli Stati Uniti, altri governi mondiali e molti economisti sono d’accordo sul fatto che il debito vada ristrutturato.
3) L’Eurogruppo (nel novembre 2012) ha già ammesso che il debito di Atene dovrebbe essere ristrutturato ma si rifiuta di impegnarsi in una ristrutturazione del debito
4) Dopo l’annuncio del referendum, le istituzioni europee hanno lanciato segnali di essere pronte a discutere una ristrutturazione del debito. Questi segnali mostrano che anche le istituzioni europee voterebbero no.
5) La Grecia rimarrà nell’Euro. I depositi nelle banche greche sono al sicuro. I creditori hanno scelto la strategia del ricatto sulla base della chiusura delle banche. L’impasse attuale è dovuta a questa scelta dei creditori e non alla decisione del governo greco di abbandonare le trattative o qualsiasi idea di Grexit o svalutazione. La permanenza della Grecia nell’eurozona e nell’Unione Europea non è negoziabile.
6) Il futuro richiede una Grecia orgogliosa nell’Eurozona e nel cuore dell’Europa. Questo futuro chiede che i greci votino no il 5 luglio e, con il potere accordatoci con quel NO, il governo greco rinegozierà il debito pubblico e distribuirà gli oneri fiscali tra i ricchi e i poveri.






venerdì 29 maggio 2015

VIDEO: Cameron: "Riformare l'Europa". Ma la Francia non è d'accordo





Cameron insiste, Blatter deve dimettersi

LONDRA, 29 MAG - "Il presidente della Fifa Sepp Blatter deve dimettersi". Lo ha ribadito il premier britannico David Cameron in conferenza stampa a Berlino con la cancelliera tedesca Angela Merkel, sottolineando che questa è "la faccia brutta del bel gioco. Prima lascia e meglio è", ha sottolineato. "Non si possono avere accuse di corruzione a questo livello e di questa entità all'interno dell'organizzazione e fingere che la persona al momento al vertice sia quella giusta per portarla avanti".






mercoledì 27 maggio 2015

La Commissione europea definisce le quote migranti da distribuire. L’ascolteranno?




La Commissione europea torna a riparlare di quote dei migranti da distribuire tra i diversi componenti l’Unione. Vara concretamente, così, il piano secondo cui i diversi paesi che ne fanno parte accetteranno l’ingresso in due anni di 40.000 migranti cui sarà riconosciuto il diritto di asilo, dopo essere stati accolti in Italia e in Grecia.
Queste norme varranno solamente per i migranti in arrivo o già presenti nei due paesi dall’aprile scorso. Si prevede che, grosso modo, saranno dislocati nel resto d’Europa 24 mila migranti giunti in Italia e 16 mila in Grecia.
Queste le proposte da portare ora al voto del Parlamento di Strasburgo. Ma soprattutto da dover far digerire agli stati nazionali. Cosa più facile a dirsi che a farsi. Già tutti si attendono l’innalzamento di barricate invalicabili verso ogni ipotesi di suddivisione nei singoli paesi deciso da Bruxelles.






Le prime a tirarle su sono le capitali come Londra, Dublino e Copenaghen. Ma anche altre non scherzano come quelle di Ungheria, Slovacchia e Polonia, solo per citarne alcune.
L’accoglienza secondo la Comunità sarà assicurata solamente ai migranti in condizione di richiedere asilo politico e non a quelli arrivati per motivi economici o per altre ragioni, cosa che per gli esperti dovrebbe portare all’accoglimento solamente per i migranti provenienti dall’Eritrea e dalla Siria.
Secondo i dati degli organismi internazionali, nel corso dello scorso anno, sono giunti in Europa 220 mila profughi e, quindi, visti i numeri in ballo, già si porranno importanti questioni relative alle selezioni degli aventi diritto e all’organizzazione del rimpatrio degli esclusi. Cose da far tremare i polsi, ma su cui non si sa ancora nel dettaglio niente dei piani predisposti, visto che per ora ci si preoccupa solamente della questione delle impronte digitali da prendere ai migranti.
Su tutto, però, resta la grande incertezza di quanti saranno i paesi disponibili ad aderire al progetto e ad accettare le quote loro spettanti. Molti vorrebbero, infatti, una scelta su base volontaria e solo Germania, Austria e Svezia, sia pure con convinzioni diverse, si dicono pronte a fare la loro parte.
Francia e Spagna, invece, si sono clamorosamente tirate indietro dopo i primi giorni di commozione seguiti alle tragiche vicende vissute sul Mediterraneo che in pochi giorni ha inghiottito più di mille migranti. Stando alle cifre ufficiali che potrebbero rivelarsi veramente prudenziali.
Ai due grandi paesi mediterranei si sono aggiunti subito numerosi altri del centro e del nord Europa che sostengono di non poter accogliere il numero dei migranti loro assegnati perché rischierebbero di veder sollevare contro i governi le loro pubbliche opinioni. Queste si sono, sì, lasciate coinvolgere dalle drammatiche immagini provenienti dal Canale di Sicilia, ma giunti al dunque non intendono proprio ospitare i migranti.
Britannici, irlandesi e danesi già possono chiamarsi fuori, come del resto fanno, per le regole che fissarono a suo tempo l’adesione all’Unione e, così, sarà necessario proprio aspettare le decisioni finali per vedere come andrà a finire questa storia.



mercoledì 22 aprile 2015

Strage migranti, Renzi alla Camera: non basta reazione emotiva





Roma, 22 apr. – Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha presentato alla Camera dei deputati la posizione che l’Italia assumerà al Consiglio europeo straordinario di domani chiesto dal governo dopo il tragico naufragio dei migranti nel Canale di Sicilia di domenica scorsa. Serve un approccio politico europeo per affrontare il problema delle stragi nel Mediterraneo, ha detto Renzi.

“Siamo chiamati a un approccio totalmente politico – ha spiegato il premier – perché è di politica che ha bisogno l’Unione europea. Perché è politica la necessità che abbiamo di non dare una reazione immediata o emotiva a una strage di queste proporzioni. O c’è la capacità di dare una risposta complessa a un mondo articolato oppure non andiamo da nessuna parte”.



domenica 29 marzo 2015

Torna l'ora legale. Giornate più lunghe





Torna l’ora legale. Stanotte alle 2 lancette dell'orologio avanti di un'ora. In poche parole un'ora di meno di sonno ma giornate più lunghe. Il cambiamento porterà un risparmio di 90 milioni di euro. Il passaggio dall’ora solare a quella legale avviene con le stesse modalità in tutta Europa, (fusi orari a parte).…



giovedì 5 febbraio 2015

Grecia, Schaeuble e Varoufakis in disaccordo





Non si allenta la tensione tra 
Germania e Grecia, neanche dopo l'incontro tra i due rispettivi ministri delle Finanze che mette fine al tour in Europa del neo ministro di Atene per rinegoziare il debito. 

Al termine del colloquio Yanis Varoufakis ha dichiarato che Grecia e Germania non sono stati nemmeno in grado di "essere d'accordo sul fatto di non essere d'accordo", mentre il collega tedesco Wolfgang Schaeuble ha semplicemente spiegato di avere vedute diverse dal suo omologo greco.

giovedì 22 gennaio 2015

Grecia: sondaggi danno vittoria Syriza, Ue si prepara a dopo elezioni




Domenica 25 gennaio la Grecia andrà al voto e il risultato di quelle elezioni riguarda anche noi e le sue ricadute avranno in tutta Europa un importante peso per il futuro di ogni Paese. Tutto ciò è dovuto al consenso che sta avendo la proposta di governo della coalizione di sinistra, Syriza, che ha candidato alla presidenza Alexis Tsipras. Alexis Tsipras è conosciuto nel nostro paese in quanto, alle elezioni europee del maggio scorso, è stato il candidato alla presidenza europea de L’Altra Europa che ha visto gran parte delle forze di sinistra e comuniste europee unite con l’obiettivo di creare una alternativa alle politiche neoliberiste e capitaliste che hanno portato il vecchio continente nella peggior crisi economica-sociale che abbia mai conosciuto negli ultimi decenni.

giovedì 4 dicembre 2014

Rublo, Putin ordina alla Banca centrale di sbarazzarsi degli speculatori. «Sappiamo chi sono»



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Tempi tempi stressanti e difficili attendono la Russia", ma "le sanzioni" occidentali e altri vincoli esterni "sono soltanto un enorme incentivo per lo sviluppo accelerato" del Paese. Lo ha detto il presidente russo Vladimir Putin durante il tradizionale discorso alla Nazione di dicembre, presso il gran palazzo del Cremlino.
Il discorso si tiene dopo che il governo ha annunciato un periodo di recessione e la banca centrale ha annunciato che interverrà senza limiti per arginare il crollo del rublo che mette a rischio al stabilità finanziaria del Paese.