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martedì 26 gennaio 2016

VIDEO: Schengen: i ministri vogliono mandare Frontex al confine macedone con la Grecia









Schengen è in bilico, mentre l’Europa si prepara al peggio. «È salvo per ora», dice il ministro dell’Interno Angelino Alfano. Ma «sta per saltare», mette in guardia il suo omologo austriaco Johanna Mickl-Leitner «Dobbiamo fare del nostro meglio per salvaguardare la più grande conquista dell’integrazione europea», avverte il commissario Ue all’Immigrazione Dimitris Avramopoulos, che prova a stemperare le tensioni spiegando di aver riscontrato una forte volontà degli Stati a lavorare per attuare tutte le misure già varate per rafforzare le frontiere esterne e gestire i flussi. Sta però di fatto che una «larga maggioranza» di Paesi, e non soltanto i sei che attualmente hanno ripristinato i controlli (Austria, Germania, Svezia, Norvegia, Francia, Danimarca), ha «invitato la Commissione a preparare le procedure per l’attivazione dell’articolo 26 nell’ambito del codice Schengen», come spiega il ministro olandese alla Sicurezza Klaas Dijkhof, presidente di turno del consiglio europeo. L’articolo prevede la possibilità per uno o più Stati membri di estendere i controlli alle frontiere interne fino a due anni: una misura che di fatto scardina la filosofia su cui è nata l’area di libera circolazione. La regola era stata inserita nel Codice Schengen nel 2013, dopo le Primavere arabe e le frizioni Berlusconi-Sarkozy, quando Parigi voleva bloccare il flusso di migranti a Ventimiglia. Ma l’articolo 26 rischia di essere usato per la prima volta a maggio, quando Germania e Austria saranno i primi due Paesi ad aver esaurito il tempo messo a disposizione dalle norme ordinarie, il 24 e 25, utilizzate fino ad oggi. L’ipotesi di farvi ricorso era già stata paventata a dicembre, come strumento di pressione nei confronti della Grecia, assieme ad un’altra ipotesi, quella di creare una mini-Schengen. Le minacce erano poi rientrate, quando Atene aveva accettato le forze di intervento rapido Frontex. Ed è la gestione greca ad essere ancora una volta nel mirino. La penisola ellenica ora teme di restare isolata. I tecnici della Commissione Ue hanno già effettuato uno stress test alle sue frontiere e la valutazione definitiva planerà sul tavolo del summit dei leader di febbraio. Ma Atene – messa ancora una volta sul banco degli imputati dai Paesi del nord, ed in particolare dal ministro dell’Interno tedesco Thomas de Maiziere, «eserciteremo pressione affinché faccia i suoi compiti» – prova a difendersi. Il ministro alle Politiche migratorie greco Yoannis Mouzalas, invoca la piena attuazione delle misure europee e chiede uno stop «all’ingiusto gioco di accuse». Carenze e ritardi, spiega, non sono sempre imputabili al suo governo, ed elenca una lunga lista di quello che a suo avviso sono «bugie e verità». «Non è vero che non vogliamo Frontex. Vogliamo più forze di quante ne siano arrivate» sottolinea e mette in guardia rispetto alla proposta del premier sloveno Miroslav Cerar: le forze Frontex alla frontiera macedone sarebbero «un atto unilaterale e illegale, perché non è membro dell’Unione». Ma «il Consiglio Ue – spiega la presidenza olandese – ha dato un chiaro segnale alla Commissione di esplorare la possibilità nel quadro giuridico esistente per essere più flessibili e pragmatici possibile, in modo da riprendere il controllo nell’area». E anche il presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker nella sua risposta alla lettera di Cerar, appare possibilista. «Nessuno vuole buttare fuori la Grecia – dice Dijkhof – queste sono misure per tenerla dentro». Il ministro dell’Interno francese Bernard Cazeneuve intanto rilancia sulla necessità di controlli ferrei alle frontiere esterne e sul patto con Berlino, dove sarà la prossima settimana. «Se vogliamo evitare che Schengen si sciolga bisogna agire molto velocemente e con mano ferma», dice, chiedendo l’istituzione di una task force europea per lottare contro il fenomeno dei passaporti iracheni e siriani rubati.








lunedì 24 agosto 2015

Protesta dei migranti: traffico in tilt verso Milano

IL CAMMINO DEI MIGRANTI. A Milano centinaia di uomini ospiti del centro di accoglienza di Bresso sono scesi su via Fulvio Testi bloccando il traffico con cartelli e striscioni. Chiedono i documenti per lasciare l’Italia e continuare il loro viaggio verso la speranza.






Viale Fulvio Testi a Milano occupata per più di due ore da centinaia di migranti con cartelli, striscioni e slogan. Una protesta esplosa nel centro di accoglienza della Croce Rossa a Bresso, alle porte di Milano. Una manifestazione iniziata all’interno del centro e proseguita poi sulla grossa arteria stradale a nord del capoluogo che conduce a Sesto San Giovanni. Qui fino alle 11 del mattino il traffico è andato in tilt.
I profughi hanno prima occupato via Clerici, strada che collega Bresso a Sesto San Giovanni, poi hanno proseguito la loro manifestazione lungo viale Fulvio Testi in direzione Milano. La richiesta era, soprattutto, quella dei documenti. “Documento, documento” urlavano mentre sfilavano in strada sotto la pioggia.



sabato 22 agosto 2015

VIDEO: Macedonia riapre i confini ai migranti: prima donne e bambini





Macedonia, migliaia di immigrati alla frontiera. I varchi attraverso il filo spinato

Sono ammassati da giorni, provengono in particolare da Siria e Afghanistan e sognano l'Europa




domenica 16 agosto 2015

VIDEO: Isola di Kos: la nave "Venizelos" come centro di accoglienza, tensioni tra i migranti







Duemila profughi siriani accolti a bordo di un traghetto a Kos:
Le autorità greche stanno coordinando l’imbarco dei migranti sul traghetto Eleftherios Venizelos attraccato al molo dell’isola di Kos. La nave, noleggiata dal governo ad una compagnia privata, accoglierà 2.500 siriani nelle sue cabine e servirà anche come centro di identificazione per le altre persone arrivate dalla Turchia nelle scorse settimane.
L’imbarco è cominciato ieri notte, in un maniera ordinata. Per evitare disturbi e risse tra i migranti esasperati dal caos, dal caldo e dai molti giorni di attesa, i funzionari stanno li facendo salire a gruppetti di 20. I primi a salire sono originari della Siria. proprio perché venendo da un paese in guerra, hanno il diritto di essere accolti come rifugiati.





venerdì 31 luglio 2015

VIDEO: Immigrazione, disordini a Calais: collegamenti Eurotunnel interrotti






- Un'altra notte di disordini a Calais, nei pressi del terminal dell'Eurotunnel, dove la polizia francese sta cercando di arginare gli immigrati che tentano di salire sui convogli diretti verso il Regno Unito. Un cordone di agenti in tenuta antisommossa si è schierato per impedire che un centinaio di profughi scavalcassero le recinzioni. La società che gestisce l'Eurotunnel ha fatto sapere che "per motivi di sicurezza, a causa delle attività nei dintorni del terminal francese, i collegamenti sono interrotti per tutta la notte in entrambe le direzioni".









sabato 25 luglio 2015

Ungheria. Treni piombati per i migranti




Migranti, shock in Ungheria, siriani e afghani in vagoni chiusi

Il treno intercity partiva nel pomeriggio da Pecs, nel sud dell’Ungheria, alla volta di Budapest: al convoglio è stato aggiunto un vagone, pieno di migranti, donne e bambini, per lo più siriani e afgani. I ferrovieri hanno chiuso le porte e appeso un cartello al finestrino: “Questo vagone viaggia con le porte chiuse”. Una misura presa per evitare che i viaggiatori – immigrati appena registrati come clandestini e diretti verso i campi profughi – potessero scendere e far perdere la loro tracce. Il provvedimento ha provocato shock e indignazione nel Paese di Viktor Orban, dove viene costruito proprio in questi giorni un muro anti-profughi lungo il confine con la Serbia. Alcuni media ungheresi, quelli che ancora riportano i fatti, sono insorti, criticando il governo: i vagoni blindati ricordano in maniera sinistra quelli del 1944 e la deportazione di mezzo milioni di ebrei ungheresi.



Ma l’esecutivo guidato da Fidesz la pensa in un altro modo. L’Ungheria è l’unico Paese Ue che non ha accolto nessun migrante, come avrebbe invece previsto l’accordo raggiunto recentemente a Bruxelles, e il vice-premier Janos Lazar di questo è fiero. “Questa gente doveva essere fermata e registrata già in Grecia, perché sono entrati in Ue da lì. A quel che mi risulta, nei Balcani non c’è attualmente alcuna guerra. Hanno pagato dei trafficanti, in Serbia, e vengono trasportati a bordo di autobus fino al confine ungherese. Costruiamo una barriera proprio per farla finita con tutto questo”, ha detto alla stampa. Nuovi campi con grandi tendoni saranno costruiti, a breve, proprio vicino al confine. E il passaggio illegale in Ungheria sarà qualificato come reato invece che come semplice contravvenzione, come accadeva fino ad oggi.
Secondo gli esperti di diritto, però, tutto questo avviene invano: l’Ungheria non potrà bypassare infatti convenzioni e regole internazionali. “È una battaglia persa già in partenza”, avverte il giornale Nepszabadsag, che ha dato notizia dei vagoni chiusi. Per fortuna esiste ancora anche un’altra Ungheria: solidale e in grado di resistere alla propaganda contro l’immigrazione, che descrive gli stranieri come “una minaccia per gli ungheresi”. Proprio alla stazione di Pecs e Szeged, le due città vicine al confine sud, ogni giorno, accanto alla folla dei migranti, i volontari di Migration Aid, un’organizzazione promossa dalla società civile, distribuiscono acqua, panini e carte geografiche; aiutano a medicare le ferite, e supportano le donne con i bambini al seguito.






Quest’opera di volontariato è un fenomeno spontaneo. E non immune da rischi: qualche estremista se la prende anche con loro. Alcuni cittadini ungheresi offrono comunque anche alloggio a chi riesce a scappare dai campi chiusi: luoghi che ospitano fino a 4500 persone, pur essendo idonei per la metà. I migranti in arrivo chiedono lo status di rifugiato, e una volta approdati in questi campi cercano di fuggire: la tensione è alta, i servizi scarsi, gli incidenti frequenti. Le autorità ungheresi tentano invece di trattenerceli, e li fanno viaggiare isolati dal resto dei passeggeri, proprio per evitare fughe. Per ora con scarso successo. Secondo gli ultimi dati, quest’anno sono entrati in Ungheria oltre 80mila clandestini, ma più di 75mila hanno proseguito il loro viaggio verso Austria, Germania, Gran Bretagna o altri paesi Ue. Non vogliono restare in un paese, dove gran parte della gente ha paura di loro e dove l’odio viene istigato da una propaganda statale, mentre il governo sta costruendo barriere con filo spinato e lamette sul confine per impedire gli arrivi.



domenica 14 giugno 2015

VIDEO: Milano, tra i profughi alla Stazione centrale. Che portano addosso i segni del viaggio






Emergenza immigrazione: situazione davvero seria

Accampati per la notte, stesi, sfiniti per il lungo viaggio.
Buttati per strada, davanti alla stazione di Milano, o del mezzanino della Centrale, dove è stato allestito un centro di accoglienza per dare aiuto ai migranti, che in questi giorni stanno arrivando in massa nel capoluogo lombardo.
L’ultimo angolo trasformato in dormitorio è una gabbia: una grata davanti, una dietro, a chiudere lo spazio tra le colonne di quella che ancora si chiama Gallerie delle Carrozze.
Un estremo tentativo di nascondere il vero volto del degrado?
All’ingresso della Stazione Centrale di Milano, restano una mutanda da uomo rossa, come reliquia, infilzata tra le sbarre; una traccia di cartoni a terra, una lattina di coca cola abbandonata a se stessa, una chiazza di liquido indefinibile, un sacchetto di plastica azzurra annodato in cima, pieno di non si sa cosa.
Sono troppi, denutritistanchi, e anche malati. Hanno bisogno di cure.
Uomini, donne, bambini, arrivano qui dopo un viaggio lunghissimo, durato anche mesi, cominciato in Eritrea, regione da cui arriva la maggior parte dei profughi, ma anche SomaliaEtiopia, Sudan e Siria.
Le condizioni di salute sono in continuo accertamento; sono state riscontrati 108 casi di scabbia, altre infezioni della pelle, si parla di qualche caso di malaria, e ciò che non si dice ma si teme, è che si possa anche parlare di ebola. Durante le prime ore di servizio del presidio sanitario mobile, messo a disposizione dalla regione Lombardia, con la Croce Rossa italiana, 30 persone già venivano inviate al centro Asl di Viale Jenner per scabbia, e altre malattie della pelle. Come era stato previsto dal direttore del servizio igiene dell’AslGiorgio Circonati, i numeri, ad oggi, sono considerevolmente raddoppiati.
A parlare è la fotografia della stazione centrale di Milano, diventata un vero e proprio campo profughi.
Sono centinaia, quasi 500, vagano in cerca di cibo ed assistenza. Stazionano in Centrale, dopo che i centri di accoglienza sono da giorni al completo.
volontari del comune e del 118 lavorano senza sosta, nel tentativo di sfamare tutti,la Caritas offre anche un servizio di docce gratuito, in seguito all’allarme delle numerose infezioni cutanee; è stato allestito, all’esterno della Stazione Centrale di Milano, in Piazza Duca d’Aosta, il presidio sanitario pe immigranti, annunciato dalla regione Lombardia. Si tratta di una roulotte ambulatoria, nella quale interverrà il personale sanitario dell’Asl, coadiuvato dalla Croce Rossa e dall' Areu.






Tutto questo potrà mai bastare? La situazione è davvero seria.
Abbiamo dato forti segni di solidarietà, e continueremo a farlo”, afferma il sindaco .
Giuliano Pisapia
Ma è evidente che la città di Milano, con le proprie forze, non ha le capacità di risolvere una crisi epocale di tali dimensioni.
Il gruppo delle Ferrovie italiane ha deciso di provvedere a proprie spese ai lavori necessari alla ristrutturazione dei locali in via Sommantini, ritenuti, in accordo con la Prefettura e il Comune, idonei come base per fornire assistenza materiale e sanitaria a chi ne necessita.
La Stazione Centrale del capoluogo lombardo non è di certo un luogo adatto per gestire l’emergenza immigrati; la disponibilità a collaborare, da parte delle F.S, è diretta a salvaguardare il diritto dei pendolari, di muoversi liberamente all’interno delle stazioni, e a tutelare un patrimonio che il gruppo F.S sta valorizzando.
Due bimbette mangiano mogie un biscotto, offerto da una volontaria, attorno a tante altre giovani donne, e altrettanti ragazzi. Un gruppetto di adolescenti, alle 3 del pomeriggio, tenta ancora di dormicchiare sulle panchine, attorniate da un via vai di operatori sociali, agenti della polfer, fotografi, passeggeri comuni, che sbucano dalle scale mobili con i loro trolley, sul piano ammezzato, guardandosi attorno stupiti. Il mondo continua a scorrere intorno, la Terra continua a ruotare attorno al Sole, ma da un lato all’altro, vagamente separata dalle transenne, la folla di siriani ed eritrei esiste davvero, e pare aumentare ad ogni battito di ciglia.
“Milano da sola non ce la fa”, si sfoga l’assessore alle politiche Sociali, Pier Francesco Majerino; per l’ennesima volta si tenta di spiegare al mondo, all’Europain particolar modo, che tutte queste persone, ammassate come animali tra i marmi della Stazione Centrale, hanno come obiettivo di raggiungere il Nord Europa.
Certo, l’emergenza ha raggiunto livelli epocali, ma è forse la prima volta che siamo costretti a vedere tali orrori?
L’emergenza è Europea, e di fronte a questa, non possiamo non notare la difficoltà dell’Unione Europea stessa, che, barricando le frontiere, dimostra ancora una volta la vera natura dell’unione, puramente economica, anziché politica.
Si dice che l’Italia sia un Paese accogliente e capace di integrazione, sarà davvero così?
La sola cosa certa, ad oggi, è che la povertà, il disagio, il degrado, è sotto i nostri occhi ogni giorno, immigrati, clandestini, profughi, o cittadini italiani, quale differenza potrà mai fare?




mercoledì 27 maggio 2015

La Commissione europea definisce le quote migranti da distribuire. L’ascolteranno?




La Commissione europea torna a riparlare di quote dei migranti da distribuire tra i diversi componenti l’Unione. Vara concretamente, così, il piano secondo cui i diversi paesi che ne fanno parte accetteranno l’ingresso in due anni di 40.000 migranti cui sarà riconosciuto il diritto di asilo, dopo essere stati accolti in Italia e in Grecia.
Queste norme varranno solamente per i migranti in arrivo o già presenti nei due paesi dall’aprile scorso. Si prevede che, grosso modo, saranno dislocati nel resto d’Europa 24 mila migranti giunti in Italia e 16 mila in Grecia.
Queste le proposte da portare ora al voto del Parlamento di Strasburgo. Ma soprattutto da dover far digerire agli stati nazionali. Cosa più facile a dirsi che a farsi. Già tutti si attendono l’innalzamento di barricate invalicabili verso ogni ipotesi di suddivisione nei singoli paesi deciso da Bruxelles.






Le prime a tirarle su sono le capitali come Londra, Dublino e Copenaghen. Ma anche altre non scherzano come quelle di Ungheria, Slovacchia e Polonia, solo per citarne alcune.
L’accoglienza secondo la Comunità sarà assicurata solamente ai migranti in condizione di richiedere asilo politico e non a quelli arrivati per motivi economici o per altre ragioni, cosa che per gli esperti dovrebbe portare all’accoglimento solamente per i migranti provenienti dall’Eritrea e dalla Siria.
Secondo i dati degli organismi internazionali, nel corso dello scorso anno, sono giunti in Europa 220 mila profughi e, quindi, visti i numeri in ballo, già si porranno importanti questioni relative alle selezioni degli aventi diritto e all’organizzazione del rimpatrio degli esclusi. Cose da far tremare i polsi, ma su cui non si sa ancora nel dettaglio niente dei piani predisposti, visto che per ora ci si preoccupa solamente della questione delle impronte digitali da prendere ai migranti.
Su tutto, però, resta la grande incertezza di quanti saranno i paesi disponibili ad aderire al progetto e ad accettare le quote loro spettanti. Molti vorrebbero, infatti, una scelta su base volontaria e solo Germania, Austria e Svezia, sia pure con convinzioni diverse, si dicono pronte a fare la loro parte.
Francia e Spagna, invece, si sono clamorosamente tirate indietro dopo i primi giorni di commozione seguiti alle tragiche vicende vissute sul Mediterraneo che in pochi giorni ha inghiottito più di mille migranti. Stando alle cifre ufficiali che potrebbero rivelarsi veramente prudenziali.
Ai due grandi paesi mediterranei si sono aggiunti subito numerosi altri del centro e del nord Europa che sostengono di non poter accogliere il numero dei migranti loro assegnati perché rischierebbero di veder sollevare contro i governi le loro pubbliche opinioni. Queste si sono, sì, lasciate coinvolgere dalle drammatiche immagini provenienti dal Canale di Sicilia, ma giunti al dunque non intendono proprio ospitare i migranti.
Britannici, irlandesi e danesi già possono chiamarsi fuori, come del resto fanno, per le regole che fissarono a suo tempo l’adesione all’Unione e, così, sarà necessario proprio aspettare le decisioni finali per vedere come andrà a finire questa storia.



domenica 19 aprile 2015

Diretta Euronews, costanti aggiornamenti sullla Strage di migranti nel Canale di Sicilia: i morti potrebbero essere un migliaio






L'allarme è stato lanciato intorno alla mezzanotte da un mercantile portoghese. L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati: "Se i numeri del naufragio fossero confermati, potrebbe essere una delle più grandi tragedie avvenute nel Mediterraneo"

Potrebbe essere "una delle più grandi tragedie avvenute nel Mediterraneo". Carlotta Sami è la portavoce dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), è lei a dare la misura di quello che sta accadendo nel canale di Sicilia, 60 miglia a nord della Libia: un peschereccio carico di migranti la notte scorsa si è capovolto, a bordo del barcone vi sarebbero state circa 700 persone, forse di più. In particolare, l'agenzia di stampa Adnkronos, citando alcuni testimoni, scrive che sull'imbarcazione vi erano oltre un migliaio di persone. Secondo fonti della Guardia costiera, sarebbero 23 i corpi senza vita recuperati in acqua, i superstiti, invece, per ora sarebbero soltanto 28.
LA DINAMICA — L'allarme è scattato intorno alla mezzanotte. Sarebbe partito da un mercantile battente bandiera portoghese, il King Jacob, si stava avvicinando ad un peschereccio di una trentina di metri stipato di migranti in grave difficoltà. A bordo del barcone sarebbe scoppiato il panico, gli immigrati si sarebbero assiepati su un unico lato dell'imbarcazione, che si sarebbe capovolta. I mezzi di soccorso sono al lavoro già dalle prime ore dell'alba. Oltre ai mezzi navali militari, sono stati dirottati nella zona alcuni pescherecci e navi mercantili. "Nella zona c'è una grande macchia di nafta, pezzi di legno e salvagenti", ha raccontato il generale della Guardia di Finanza, Antonino Iraso.







LA POLITICA
 — Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha interrotto l'apertura della campagna elettorale del Pd per le prossime amministrative, cancellando gli appuntamenti del pomeriggio. Prima di rientrare a Roma da Mantova, è intervenuto sulla tragedia che si sta consumando nel Canale di Sicilia: "Al momento sono 28 i morti, ma saranno molti, molti di più", ha esordito il premier. "Il cuore continua a battere forte e a domandarsi come si può discutere di bellezza quando nel Mediterraneo quotidianamente assistiamo a una strage, al dolore di tanti uomini, ad intere generazioni che muoiono in un tempo in cui la comunicazione è globale. Come si fa a rimanere insensibili?". 
Dai microfoni di Sky Tg24 è intervenuto il numero uno della lega Nord, Matteo Salvini: "È una tragedia annunciata. Più ne partono più ne muoiono", ha attaccato il leader del Carroccio. "Dalla stage di Lampedusa non è cambiato nulla: partono, annegano o sbarcano, scappano e si alimenta lo scontro sociale. Cosa dobbiamo ancora aspettare per attuare un blocco navale per evitare le partenze? Altri 700 morti? L'ipocrisia di Renzi, Alfano e Boldrini crea solo morte".

LA LUNGA SCIA DI MORTI — Quella che si sta consumando nel Canale di Sicilia è soltanto l'ultima tragedia, forse la più grave, di una lunga drammatica sequenza. Ecco i più recenti precedenti: 
13 aprile 2015: un barcone si capovolge a circa 80 miglia dalle coste della Libia. Nove i morti e 144 i migranti portati in salvo. 
4 marzo 2015: un barcone si rovescia nel Canale di Sicilia, sono 10 le vittime accertate.
11 febbraio 2015: 29 migranti muoiono assiderati in un naufragio a 100 miglia da Lampedusa. L'imbarcazione era partita dalla spiaggia di Tripoli con altri tre gommoni con a bordo almeno un centinaio di persone su ogni mezzo. I superstiti parlano di centinaia di vittime oltre a quelle recuperate. 
19 luglio 2014: altra tragedia a largo di Lampedusa. 18 profughi muoiono asfissiati nella stiva di un barcone a circa 80 miglia dall'isola 
29 giugno 2014: un barcone con a bordo circa 600 migranti e 45 cadaveri viene soccorso dalla Marina militare. 
3 ottobre 2013: al largo delle coste di Lampedusa si consuma una vera e proprio strage. In un naufragio muoiono 366 migranti. 
30 settembre 2013: 13 migranti muoiono in uno sbarco sulla spiaggia di Sampieri, a Scicli, nel tentativo di raggiungere la costa. Presi a cinghiate, i migranti, tutti uomini, erano stati costretti dagli scafisti a buttarsi in mare. Gli immigrati, circa 200, avevano raggiunto la costa ragusana a bordo di un peschereccio che si è arenato a pochi metri dalla riva. 
10 agosto 2013: sei migranti muoiono sulla spiaggia del lungomare della Plaia di Catania, nei pressi del `Lido Verde´, annegando mentre cercano di raggiungere la riva. Sull'imbarcazione viaggiavano oltre 100 extracomunitari. 
11 ottobre 2012: 34 immigrati, tra cui sette bambini e 11 donne, sono le vittime di un naufragio avvenuto a 70 miglia da Lampedusa. Il barcone su cui viaggiano si capovolge mentre i migranti si muovono per farsi notare da un elicottero in ricognizione. Circa 206 migranti, invece, sono portati in salvo dalla Marina Militare. 
1 agosto 2011: 25 profughi, tutti uomini e non ancora trentenni, muoiono asfissiati nella stiva di un barcone partito dalle coste libiche verso Lampedusa. I cadaveri vengono scoperti dagli uomini della Guardia costiera una volta terminato il trasbordo degli extracomunitari. 
19 maggio 2011: tragedia sfiorata per oltre 400 profughi partiti dalla Libia. A bordo del barcone in legno, a circa 20 miglia dalla costa di Lampedusa, si sviluppa un principio di incendio, spento solo grazie all'intervento di quattro finanzieri saliti a bordo prima di effettuare il trasbordo dei migranti. 
14 marzo 2011: nel Canale di Sicilia affonda un barcone con a bordo una quarantina di tunisini. Solo in cinque riescono a salvarsi, gli unici che sapevano nuotare, salendo su un altro barcone diretto a Lampedusa. A raccontare i particolari del naufragio sono gli stessi superstiti appena sbarcati sull'isola. 
4 marzo 2011: un barcone che trasporta 30 immigrati nordafricani naufraga nel Canale di Sicilia, a circa 40 miglia dalla coste del trapanese tra Marsala e l'isola di Marettimo. I migranti sono soccorsi dal motopesca mazarese Alcapa, ma durante le operazioni di trasbordo quattro di loro finiscono in mare, a causa del maltempo. Due vengono subito recuperati dai marinai del peschereccio mazarese, altri due, invece, scompaiono tra le onde del mare in tempesta. 
16 febbraio 2011: nel Canale di Sicilia scompare un barcone di circa 45 metri con a bordo forse oltre 200 immigrati. 
8 maggio 2011: 527 profughi sono salvati in extremis a Lampedusa da un barcone incagliato sugli scogli che rischia di capovolgersi, ma tre di loro, tutti giovanissimi, non ce la fanno e muoiono a un passo dall'agognata meta. 
6 aprile 2011: un barcone partito dalla Libia con 300 persone a bordo si ribalta nel Canale di Sicilia a causa delle cattive condizioni del mare. A più di 12 ore dalla tragedia sono 51 le persone tratte in salvo mentre i dispersi, da quanto emerge dal racconto dei superstiti, sono oltre 200. 
3 aprile 2011: i corpi di 70 migranti morti probabilmente durante una traversata per raggiungere, forse, le coste italiane vengono recuperati al largo della Libia, nei pressi di Tripoli. 
30 marzo 2011: un barcone con a bordo 17 immigrati partiti dalla Libia affonda a largo di Lampedusa. A raccontarlo sono i sei superstiti, secondo cui sarebbero annegati 11 loro compagni durante la navigazione.






mercoledì 11 febbraio 2015

Video: Lampedusa, 29 immigrati morti assiderati




Ancora una tragedia del mare, in quello spazio di Mediterraneo che sta diventando un vero e proprio 'cimitero degli immigrati'.

E' tragico il bilancio dell'ennesimo viaggio della disperazione intrapreso verso le coste italiane. Almeno 29 immigrati sono morti per ipotermia (ma il bilancio è destinato a salire) e altri quindici sono in gravissime condizioni. È accaduto la scorsa notte a un centinaio di miglia dall'isola di Lampedusa, dove sarebbero dovute giungere le 105 persone presenti sul barcone rintracciato dalla Guardia costiera italiana. Immediata la rezione delle associazioni.
Il Centro Astalli invita le Istituzioni ad intensificare gli sforzi per consentire ai profughi di arrivare in sicurezza sulle nostre coste. "Ancora una volta - afferma il presidente Camillo Ripamonti - attoniti davanti all'orrore, ci troviamo a chiedere la creazione immediata di canali umanitari sicuri che evitino a uomini e donne in fuga da guerre e persecuzioni di rischiare la vita affidandosi a trafficanti di essere umani". Sono sempre più urgenti soluzioni efficaci che assicurino l'incolumità dei rifugiati. "Mentre il dibattito tra Stati e Istituzioni europee continua ad essere sempre più incentrato su questioni prettamente economiche e finanziarie - continua Ripamonti - la vita e i diritti dei migranti vengono regolarmente messi in secondo piano. Ma noi non vogliamo e non possiamo accettare che il Mediterraneo continui a essere un cimitero".



Dopo un anno in cui l'Italia si è adoperata per salvare migliaia di vite umane nel Mediterraneo, l'operazione Mare Nostrum è stata interrotta. L'operazione Triton che è subentrata ha un raggio di azione molto più ridotto e il suo obiettivo primario è quello di controllare le frontiere esterne dell'Unione. Astalli crede sia "necessario intensificare gli sforzi, sul piano operativo ma anche normativo, per consentire ai rifugiati di arrivare in sicurezza, fermando le stragi alle frontiere e ponendo fine alla piaga del traffico di esseri umani".
"Chiediamo che l'Italia e l'Europa garantiscano il potenziamento del sistema di soccorso in mare al fine di scongiurare nuove tragedie come questa", sottolinea Raffaela Milano, direttore Programmi Italia-Europa di Save the Children. "Triton, cosi' com'e' concepito, non puo' e non deve essere l'unica risposta dell'Italia e dell'Europa a migliaia di bambini, ragazzi e famiglie costrette a fuggire per poter sopravvivere". "Lampedusa oggi accoglie di nuovo i corpi senza vita di migranti in fuga da guerre, fame, violenze o gravi rischi per la loro vita, morti in mare per il freddo- dice Milano- le cattive condizioni climatiche invernali non hanno interrotto il flusso degli arrivi via mare, a dimostrazione della mancanza di alterative per chi e' costretto, nonostante tutto, a tentare la traversata".Per l'organizzazione "la cessazione dell'operazione Mare Nostrum espone a rischi estremi tutti, e in particolare chi e' piu' vulnerabile, come le donne, i bambini e gli adolescenti giovanissimi che sono una presenza costante negli sbarchi". "Secondo le nostre stime - conclude il direttore dell'associazione umanitaria - dall'inizio dell'anno a ieri, su 3.709 migranti sbarcati in Italia, 195 erano donne e 390 minori, di cui 149 accompagnati e 241 non accompagnati".
Il cordoglio della politica. Per Khalid Chaouki, deputato del Pd, "è l'ennesima, insopportabile tragedia". Non possiamo rischiare di tornare alla fase dei cadaveri nel Mediterraneo. Al di là dei nomi che si danno alle missioni, la priorità resta sempre la salvaguardia della vita umana, resa ancora più stringente dai conflitti terribili in Libia e in tutta l'area del Medioriente. Facciamo ancora una volta appello all'Europa, affinchè intervenga e non lasci sola l'Italia" . Per Paolo Beni, deputato del Pd "non si può tornare indietro". L'angoscia per l' ennesime morti non può farci dimenticare che il nostro compito prioritario è di salvare la vita a chi scappa dalle guerre. Quello che è accaduto questa notte, purtroppo, dimostra che si può arretrare rispetto all'impegno assunto dal nostro Paese con l'operazione Mare Nostrum e questo è inaccettabile. L'Europa deve farsi carico delle proprie responsabilità incrementando l'operazione Triton anche perché è facilmente prevedibile che nei prossimi mesi i flussi siano destinati ad aumentare. C'è bisogno, quindi, di una politica migratoria fatta in concerto con tutti e 28 i Paesi dell'Unione Europea così da garantire tratte sicure per i migranti e flussi concordati". Beni esprime "cordoglio per le morti e vicinanza e solidarietà al sindaco di Lampedusa, Giusi Nicolini, che anche questa volta è in prima linea ad affrontare questa tragedia".
"L'ennesima tragedia del mare con decine di vittime per il freddo tra la Libia e Lampedusa mostra il vuoto lasciato dalla fine dell'operazione 'Mare Nostrum' e la necessita' di riprendere i soccorsi in mare aperto". Cosi' Milena Santerini, deputata del gruppo parlamentare 'Per l'Italia-Centro Democratico', firmataria nei mesi scorsi di una mozione a favore dei rifugiati e della revisione del Trattato di Dublino. "La pura sorveglianza delle coste operata da Triton- prosegue- non puo' infatti arrivare a salvare in situazioni di emergenza i tanti disperati che vogliono raggiungere l'Europa. Tutte le vite umane hanno un valore, ma scandalizza ancor piu' che a dover morire siano profughi che scappano dalle guerre in Siria e Iraq o dall'Africa sub sahariana. Il diritto di rifugiarsi altrove quando si e' in pericolo non puo' essere mai negato".
Unhcr: ci aspettiamo altri morti - "La Guardia costiera sta facendo il proprio lavoro oltre ogni limite. Gli uomini della Capitaneria di porto di Lampedusa sono fuori da oltre 24 ore, in condizioni meteo proibitive. Ma come diciamo da tempo i mezzi messi in campo da Triton non sono sufficienti". Lo ha detto Carlotta Sami, portavoce dell'Unhcr, commentando l'ultima tragedia del mare nel Canale di Sicilia con 29 profughi morti assiderati.

"Le morti non possono essere considerate un deterrente - dice ancora - perché queste sono persone che non hanno alternative, dall'altra parte ci sono dei trafficanti che non si fanno scrupoli. E' una tragedia ma purtroppo ce ne aspettiamo delle altre". E ha spiegato che "non può essere una responsabilità solo italiana, deve essere una responsabilità a livello europeo. Non possiamo avere una soluzione come questa che non è una soluzione". "Da più di un anno continuiamo a dire le stesse cose - ha aggiutno - abbiamo una proposta molto chiara su ciò che è necessario, prima fra tutti mantenere altissimo il livello di salvataggi in mare in tutto il Mediterraneo. Lo ha detto anche il nostro Alto commissario che Triton non è sufficiente".





Boldrini: orrore a Lampedusa
 - "Orrore al largo di #Lampedusa. Persone morte non in un naufragio, ma per il freddo. Queste le conseguenze del dopo #MareNostrum". Lo scrive su Twitter la presidente della Camera Laura Boldrini.