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lunedì 1 giugno 2015

VIDEO: Libia. Isis dichiara guerra a governo basato a Tripoli





Libia. L’Isis dichiara guerra ai jihadisti di Tripoli. Perché vogliono il controllo dell’intero paese

Si aggiunge un nuovo elemento nel caos della crisi libica: le milizie jihadisti dell’Isis hanno oggi dichiarato guerra a Tripoli comunicando che “Gli apostati di Fajr Libia devono sapere che si sta preparando una guerra che li eliminerà dalla faccia della Terra, a meno che non si ravvedano e ritornino alla vera religione”.
Fajr Libia, cioè “Alba della Libia”, è una sigla che raccoglie diversi gruppi islamisti e jihadisti fra i quali Ansar al-Sharia, i quali governano oggi Tripoli dopo averla sottratta, insieme alle milizie della tribù di Misurata, alle forze della tribù di Zintan.
La situazione vede quindi una sorta di tutti contro tutti, in un paese fortemente diviso in tribù, dove ognuno cerca di rimanere a galla e di prendere il più possibile, appoggiandosi anche a traffici illeciti come quello degli esseri umani, della droga e delle armi.
La minaccia dell’Isis, che in Libia controlla parte dell’area di Bengasi e le città di Derna e di Sirte, si concretizzerebbe innanzitutto con l’attivazione di “cellule dormienti” a Tripoli, e già ieri un kamikaze tunisino si è fatto esplodere nei pressi di un posto di controllo a al-Dafiniyah, uccidendo cinque combattenti di Fajr Libia e ferendone altri sette.
Non si tratta dei primi segnali che mettono alla luce i contrasti fra le due realtà jihadiste: in gennaio era stato l’Isis a rivendicare l’attentato all’hotel Corinthia di Tripoli, costato la vita a nove persone e che aveva come obiettivo l’allora premier del governo “di Tripoli” Omar al-Hassi, il quale era tuttavia scampato all’attacco.




I miliziani dell’Isis stanno quindi cercando di destabilizzare ulteriormente una situazione già destabilizzata, mentre dal punto di vista militare starebbero puntando a conquistare la provincia di Jaffra, zona importante dal punto di vista strategico in quanto vicina al giacimento di petrolio di al-Mabruk. Vogliono, insomma, espandersi il più possibile per prendere il controllo dell’intero paese e quindi destabilizzare le aree circostanti, a cominciare dalla Tunisia, dall’Algeria, dove vi sono aree e gruppi sensibili all’idea del Califfato.
Benchè le minacce di oggi interessino i nemici, comprensibilmente l’esecutivo “di Tobruk”, riconosciuto dalla comunità internazionale e guidato da Abdullah al-Thani, ha rinnovato in queste ore la richiesta alla “comunità internazionale, Lega Araba e Consiglio di Sicurezza dell’Onu” di intervenire e decidere “passi concreti urgenti per sostenere la Libia nella guerra contro il terrorismo”. Per l’ennesima volta è stata invocata la “revoca dell’embargo sulle armi dell’esercito libico che combatte il terrorismo da un anno”, anche perché, come da Tobruk è stato già fatto notare, armi continuano a convergere via mare e soprattutto attraverso il Sahel su Tripoli, il cui governo è riconosciuto solo da Turchia e Qatar.








domenica 31 maggio 2015

Ucciso in Iraq il regista dei terribili filmati con le decapitazioni dell’Isis







Il ministero dell’Interno dell’Iraq ha annunciato la morte di Abu Samra, quello che era considerato il regista dei terribili e macabri video dell’Isis diffusi per mostrare la decapitazione di numerosi prigionieri degli estremisti islamici, alcuni realizzati in Iraq.

L’uomo, il cui vero nome era , sarebbe stato colpito nel corso di un attacco mirato nella provincia di Anbar. Colpiti con lui anche il terrorista islamico di nazionalità statunitense, Abu Osama al-Amriky anch’egli coinvolto nella realizzazione e la diffusione delle immagini che hanno sconvolto il mondo ed altri 25, 26 uomini dell’Isis.

L’operazione militare è stata condotta contro un edificio di Qaim, nel distretto di Falluja, dove si trovavano i guerriglieri. Le autorità irachene hanno intitolato l’azione a Mustafa Al Sebhawy, il soldato iracheno ferito catturato dall’Isis e impiccato alle travi di un ponte di Falluja.


sabato 30 maggio 2015

VIDEO: Ucraina: euronews sulla linea rossa di Shyrokine








Del villaggio di 
Shyrokine, nel sudest dell’Ucraina, non resta che un cumulo di macerie. Euronews si è recata in questa cittadina che rappresenta la linea di fuoco, non lontana dal porto industriale Mariupol, sul mare d’Azov. La zona è contesa dall’esercito ucraino e dai separatisti.
‘‘Siamo a Shyrokine ed è l’alba, siamo sulla linea del fronte, a pochi metri c‘è proprio la linea di contatto tra le forze militari ucraine e quelle della Repubblica popolare di Donetsk, c‘è molto sconcerto in questi giorni perché si parla di un rischio di ritiro da questa zona’‘, dice il nostro corrispondente Sergio Cantone.






Olga fa parte del battaglione Donbass che combatte per Kiev: “L’armamento è in cattive condizioni, se il governo vuole tenersi questa città dovrebbe darci maggiori risorse, prestare maggiore attenzione e investire di più nei difensori di Mariupol che è una città molto strategica e importante, siamo in attesa di un aiuto ma anche di una decisione da parte del governo”.
Il capo del battaglione che si fa chiamare ‘‘Sedoy’‘ non ha alcun dubbio sull’identità dei suoi nemici: “I filo-russi hanno ruotato. I ceceni hanno lasciato Shyrokine ai russi. Qui non ci sono i ribelli della Repubblica di Donetsk. Attraverso le loro conversazioni radio abbiamo appreso da quale regione arrivano i russi”.
Le forze armate ucraine sono state pesantemente provate dal conflitto nell’est del Paese, le armi sono obsolete e le truppe demoralizzate, sullo sfondo di un cessate il fuoco che non è stato mai rispettato.



mercoledì 27 maggio 2015

VIDEO: Saluti dalla Crimea






La propaganda ucraina ha battuto su svariate bugie costruite ad arte per aizzare odio e desiderio di guerra nelle menti dei cittadini ucraini, costretti a dover subire l'insulsa propaganda di TV e giornali controllati dal regime golpista di Kiev. 

Tra queste, la leggenda che in Crimea, terra che i golpisti di Kiev definiscono "occupata" (i crimeani avrebbero occupato loro stessi..), la popolazione sarebbe in preda alla fame, i supermercati sarebbero vuoti e chiunque osi parlare in ucraino (lingua parlata pochissimo anche in quasi tutta l'Ucraina) verrebbe picchiato e dileggiato. 
Il giornalista indipendente ucraino Anatoly Shariy ha pubblicato un video realizzato a Sebastopoli. Buona visione e tanti saluti a Kiev dalla Crimea.

sabato 2 maggio 2015

ESCLUSIVO VIDEO: Salvataggio di un bambino siriano sotto le macerie





Uno dei tanti bombardamenti ad Aleppo in Siria, ma questo salvataggio praticamente sotto i riflettori di una telecamera mi ha stupito particolarmente e ti da una idea dei momenti drammatici che si vivono in quel lasso di tempo per strappare dalla morte una creatura così debole e piccola, la partecipazione ed emozione dei soccorritori e infine il bambino che cerca con tutte le sue tenui forze ad avere la meglio. Ma poi un pensiero ombroso attanaglia la mente, per tutti quelli che sono rimasti sotto e per tutti gli altri che ci rimarranno.



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venerdì 27 febbraio 2015

Video: Svelata l'identità del boia dell'Isil con accento londinese




Svelata l'identità del boia dello stato islamico: è un 27enne londinese




Si chiama Mohamed Emwazi, ha 27 anni ed è di Londra. Laureato in informatica, cresciuto in una famiglia del ceto medio. Era già stato arrestato nel 2010 dall’antiterrorismo inglese.

Il boia dello Stato Islamico (Isis) è un londinese di origine kuwaitiana, cresciuto in una famiglia del ceto medio, conosciuto all’anti-terrorismo dal 2010 quando venne arrestato per sospetti legami con i jihadisti somali Shabaab, affiliati ad Al Qaeda. A rivelare l’identità del killer mascherato di nero che ha decapitato gli ostaggi occidentali di Isis è il “Washington Post” citando fonti di suoi amici e conoscenti britannici nonché di persone al corrente delle indagini.  
LA SVOLTA ISLAMICA 
Il suo nome è Mohammed Emwazi, nato in Kuwait, cresciuto nei quartieri Ovest di Londra e con una laura da programmatore di computer. Chi lo ha conosciuto, lo descrive come una persona dai modi “gentiep” che ama «vestirsi con stile», seguendo la moda occidentale pur aderendo alla fede musulmana. «Aveva la barba e faceva molta attenzione quando incrociava gli occhi di una donna» racconta un suo conoscente.  
L’ARRESTO DEL 2010 
Pregava nella moschea di Greenwich e dopo essersi laureato all’Università di Wesminster scelse con due amici - un tedesco convertito all’Islam di nome Omar e un altro di nome Abu Talib - di andare in Tanzania. L’intenzione dichiarata era di andare a fare un safari ma all’arrivo la polizia locale li fermò, identificò e temendo che volessero unirsi alla guerriglia jihadista somala li rimandò in Europa. Emwazi tornò indietro con un volo per Amsterdam, dove venne interrogato dall’MI5 - il controspionaggio britannico - ed accusato di legami con gli al-Shabaab somali. Tornato in Gran Bretagna nel 2009 decise di trasferirsi nel natio Kuwait ma nel 2010 venne arrestato a Londra - durante un viaggio fra i due Paesi - perché sospettato di terrorismo. Gli vennero prese le impronte digitali e fu perquisito.  
UN FANTASMA IN SIRIA 
Da quel momento le sue tracce si perdono, ad eccezione di un breve soggiorno in Arabia Saudita nel 2012 ovvero lo stesso anno in cui si trasferisce in Siria, da dove in più occasioni chiama i genitori e gli amici più cari a Londra. Un ex ostaggio di Isis ha raccontato che nel 2013 “Jihadi John” - come venne rinominato da alcuni detenuti, affiancandolo ad altri tre carcerieri sopranominati “Paul”, “George” e “Ringo” come i componenti dei “Beatles” - faceva parte di un ristretto gruppo di jihadisti britannici che sorvegliavano una prigione del Califfato chiamata “The Box” (La scatola) nella quale avrebbe partecipato ad interrogatori almeno quattro ostaggi occidentali durante i quali è stato usato il “waterboarding”. 
I FILMATI DELL’ORRORE 
Nel 2014, dopo la formazione del Califfato, gli ostaggi occidentali vengono spostati a Raqqa, in Siria, e “Jihadi John” li segue diventando il protagonista brutale dei video che ne mostrano l’esecuzione: Jim Foley, Steven Sotloff, David Haines, Alan Henning e Abdl Rahman Kassing, seguiti da due nipponici. Il suo accento londinese lo trasforma in un simbolo dei jihadisti europei e l’intelligence gli dà una caccia globale, impegnandosi con le più avveniristiche forme di sorveglianza elettronica.




venerdì 20 febbraio 2015

Ucraina: la Russia ed i ribelli non vogliono i caschi blu dell’Onu





Il presidente ucraino Poroshenko ha lanciato un appello perché nel territorio del Donbass, arrivino delle forze dell’Onu per "monitorare" la tregua. Appello che è subito stato respinto, sia dalla Russia che dai ribelli, secondo i quali sarebbe una violazione degli accordi presi a Minsk.

Dopo gli accordi che sono stati stretti la scorsa settimana a Minsk, Poroshenko ha richiesto l’invio da parte dell’ONU di forze di pace da dislocare nel Donbass, in modo che possano essere monitorate le varie fasi della tregua concordata. Secondo il presidente ucraino, infatti, in quella zona si assiste al transito di uomini e mezzi che arrivano dalla Russai per sostenere le azioni dei ribelli filorussi.



L’arrivo dei caschi blu è stato però rigettato sia dai ribelli che dalla Russia, in quanto gli accordi siglati a Minsk prevedono la presenza sul terreno solo degli osservatori Osce, e quindi l’arrivo di ispettori ONU rappresenterebbe una violazione degli stessi accordi.
Anche da Bruxelles non sono arrivate notizie confortanti per Poroshenko, in quanto Catherine Ray, una portavoce del servizio diplomatico, ha ricordato che la missione Osce già presente in zona, gode del pieno appoggio della Unione Europea, e che gli accordi siglati non prevedono altre forze di “interposizione”. Da parte dell’Ue ci sarà invece un invio di mezzi blindati e saranno effettuate delle riprese con immagini satellitari, in modo da verificare il rispetto della tregua.
Secondo il Cremlino, la proposta di Poroshenko non è nemmeno stata esaminata nel corso della “conference call” che si è avuta tra Putin, Hollande e la Merkel. Anche l’ambasciatore russo presso le Nazioni Unite, Vitali Ciurkin ha osservato che la presenza di uomini dell’ONU non è prevista dagli accordi di pace e che il fatto di nuove richieste da parte di Poroshenko a soli 7 giorni dalla firma degli accordi, sia preoccupante.
Gli accordi di pace restano comunque abbastanza fragili e nelle ultime ore si sono registrate le uccisioni di 14 soldati ed il ferimento di altri 170. Nel frattempo, la Russia è intervenuta a favore dei ribelli, anche dal punto di vista dell’energia, fornendo metano ai separatisti, dopo che Kiev aveva interrotto le forniture.

Dal prossimo 1° aprile per l’Ucraina si prospetta anche un aumento del costo del gas in quanto scadranno gli accordi che sono stati “mediati” dall’Unione Europea.



giovedì 19 febbraio 2015

Libia, vertice Onu: Italia pronta a un ruolo guida, video:





L’Egitto preme per una risposta muscolare. Ma le Nazioni Unite scelgono la via politica

Si è riunito il Consiglio di Sicurezza per discutere la drammatica questione libica. Presenti Egitto, Giordania, Libia che hanno chiesto di revocare l’embargo sulle armi del governo di Tobruk, quello riconosciuto dalla comunità internazionale, per potersi difendere dagli attacchi dell’Isis.



La seduta, è stata definita “urgente” dal Rappresentante Permanente italiano alle Nazioni Unite, l'Ambasciatore Sebastiano Cardi, che ha sostenuto che l’Italia “è pronta a contribuire a un monitoraggio del cessate il fuoco e a lavorare in missioni di addestramento per integrare l'esercito dei miliziani con l'esercito regolare”. La missione italiana sarebbe quindi pronta, se l’Onu deciderà di autorizzare l’intervento in Libia che consenta la riunificazione dei due governi e allo stesso tempo di combattere i jihadisti dell’Isis.

L’Italia come aveva sostenuto il ministro degli Esteri Gentiloni punta ad una soluzione politica. Anche l'Egitto ha rinunciato a chiedere un intervento militare internazionale in Libia, nonostante nei giorni scorsi l'Isis abbia decapitato 21 cristiani copti.



martedì 17 febbraio 2015

Isis, "45 persone arse vive in Iraq"





I 27 poliziotti iracheni rapiti a Baghdadi sono stati giustiziati; 45 persone sono state arse vive.





Esecuzione di massa in Iraq da parte dell'Isis: 27 poliziotti iracheni rapiti dagli jihadisti a Baghdad sono stati uccisi vicino a una base militare, dove sono presenti oltre 300 istruttori americani, mentre 45 persone, nella stessa città, sarebbero state arse vive
.
Secondo Sabah Karhut, presidente del Consiglio provinciale, i cadaveri degli agenti sono stati gettati nel fiume Eufrate, ma non è chiaro se in realtà ci sia stato un errore nelle comunicazioni. Potrebbe infatti trattarsi di un'unica strage, avvenuta con modalità ancora da chiarire.

Un altro membro del Consiglio provinciale di Al Anbar, Jassem al Halbusy, ha detto che i miliziani dell'Isis hanno posto mine e dispiegato i loro cecchini lungo la strada tra la città e la base al fine di impedire l'afflusso di rinforzi dell'esercito iracheno. Altre fonti riferiscono che gli jihadisti stanno ponendo l'assedio a un compound residenziale poco fuori Baghdadi dove vivono circa 1.200 famiglie, per la maggior parte di soldati, poliziotti e impiegati statali
.

Oggi intanto l'università egiziana di al-Azhar al Cairo, uno dei principali centri d'insegnamento religioso dell'Islam, ha emesso un decreto col quale proibisce ai musulmani di guardare e diffondere il video che mostra la decapitazione dei 21 cristiani copti eseguita in Libia dall'Isis. L'istituzione inoltre esorta i media a non pubblicare i "crimini dei terroristi" per evitare il "sinistro scopo" di condizionare il morale dei musulmani, giustificare la propagazione dell'islamofobia e diffamare l'Islam a livello mondiale.