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giovedì 25 giugno 2015

VIDEO: Kobane: di nuovo sotto l’attacco dell’Isis





La città a maggioranza curda che era stata liberata lo scorso gennaio, è di nuovo sotto attacco. Dopo la liberazione, oltre 30mila rifugiati avevano fatto ritorno a casa




Torna l’incubo dell’Isis a Kobane, dove giovedì lo scoppio di un’autobomba ha ucciso diverse persone. Contemporanteamente sarebbero stati registrati gli attacchi da parte dell’Isis da sud, da est e da sud-est.

La cittadina a maggioranza curda, al confine tra la Siria e la Turchia, si era guadagnata le prime pagine di tutto il mondo, lo scorso gennaio, con la liberazione da parte dell’ YPG, (l’Unità di protezione del popolo) dopo una lunga offensiva dell’Isis, che aveva spinto oltre 100mila persone a fuggire in Turchia, su una popolazione di circa 400mila abitanti. Negli ultimi mesi, dopo la liberazione, sono tra le 30mila e le 35mila le persone che hanno fatto ritorno a casa.
Kobane è il luogo appeso tra la guerra e la pace, una città che, negli ultimi mesi, è stata guardata dal mondo come una roccaforte di speranza.
Kobane è ancora importante per l’Isis. Non è stata mai stata importante strategicamente ma gli ultimi attacchi dimostrano che la sua perdita, dopo cinque mesi di combattimenti in terra e bombardamenti aerei, brucia ancora”. Ha scritto il corrispondente della BBC, Quentin Sommerville. “L’assalto di giovedì è il monito che, nonostante le perdite recenti, nella zona, l’Isis è ancora molto attivo e capace di offensive. Durante la notte hanno attaccato anche Hassakeh, una città a est, che rappresenta un obiettivo molto più ricco.”






lunedì 1 giugno 2015

VIDEO: Libia. Isis dichiara guerra a governo basato a Tripoli





Libia. L’Isis dichiara guerra ai jihadisti di Tripoli. Perché vogliono il controllo dell’intero paese

Si aggiunge un nuovo elemento nel caos della crisi libica: le milizie jihadisti dell’Isis hanno oggi dichiarato guerra a Tripoli comunicando che “Gli apostati di Fajr Libia devono sapere che si sta preparando una guerra che li eliminerà dalla faccia della Terra, a meno che non si ravvedano e ritornino alla vera religione”.
Fajr Libia, cioè “Alba della Libia”, è una sigla che raccoglie diversi gruppi islamisti e jihadisti fra i quali Ansar al-Sharia, i quali governano oggi Tripoli dopo averla sottratta, insieme alle milizie della tribù di Misurata, alle forze della tribù di Zintan.
La situazione vede quindi una sorta di tutti contro tutti, in un paese fortemente diviso in tribù, dove ognuno cerca di rimanere a galla e di prendere il più possibile, appoggiandosi anche a traffici illeciti come quello degli esseri umani, della droga e delle armi.
La minaccia dell’Isis, che in Libia controlla parte dell’area di Bengasi e le città di Derna e di Sirte, si concretizzerebbe innanzitutto con l’attivazione di “cellule dormienti” a Tripoli, e già ieri un kamikaze tunisino si è fatto esplodere nei pressi di un posto di controllo a al-Dafiniyah, uccidendo cinque combattenti di Fajr Libia e ferendone altri sette.
Non si tratta dei primi segnali che mettono alla luce i contrasti fra le due realtà jihadiste: in gennaio era stato l’Isis a rivendicare l’attentato all’hotel Corinthia di Tripoli, costato la vita a nove persone e che aveva come obiettivo l’allora premier del governo “di Tripoli” Omar al-Hassi, il quale era tuttavia scampato all’attacco.




I miliziani dell’Isis stanno quindi cercando di destabilizzare ulteriormente una situazione già destabilizzata, mentre dal punto di vista militare starebbero puntando a conquistare la provincia di Jaffra, zona importante dal punto di vista strategico in quanto vicina al giacimento di petrolio di al-Mabruk. Vogliono, insomma, espandersi il più possibile per prendere il controllo dell’intero paese e quindi destabilizzare le aree circostanti, a cominciare dalla Tunisia, dall’Algeria, dove vi sono aree e gruppi sensibili all’idea del Califfato.
Benchè le minacce di oggi interessino i nemici, comprensibilmente l’esecutivo “di Tobruk”, riconosciuto dalla comunità internazionale e guidato da Abdullah al-Thani, ha rinnovato in queste ore la richiesta alla “comunità internazionale, Lega Araba e Consiglio di Sicurezza dell’Onu” di intervenire e decidere “passi concreti urgenti per sostenere la Libia nella guerra contro il terrorismo”. Per l’ennesima volta è stata invocata la “revoca dell’embargo sulle armi dell’esercito libico che combatte il terrorismo da un anno”, anche perché, come da Tobruk è stato già fatto notare, armi continuano a convergere via mare e soprattutto attraverso il Sahel su Tripoli, il cui governo è riconosciuto solo da Turchia e Qatar.








domenica 31 maggio 2015

Ucciso in Iraq il regista dei terribili filmati con le decapitazioni dell’Isis







Il ministero dell’Interno dell’Iraq ha annunciato la morte di Abu Samra, quello che era considerato il regista dei terribili e macabri video dell’Isis diffusi per mostrare la decapitazione di numerosi prigionieri degli estremisti islamici, alcuni realizzati in Iraq.

L’uomo, il cui vero nome era , sarebbe stato colpito nel corso di un attacco mirato nella provincia di Anbar. Colpiti con lui anche il terrorista islamico di nazionalità statunitense, Abu Osama al-Amriky anch’egli coinvolto nella realizzazione e la diffusione delle immagini che hanno sconvolto il mondo ed altri 25, 26 uomini dell’Isis.

L’operazione militare è stata condotta contro un edificio di Qaim, nel distretto di Falluja, dove si trovavano i guerriglieri. Le autorità irachene hanno intitolato l’azione a Mustafa Al Sebhawy, il soldato iracheno ferito catturato dall’Isis e impiccato alle travi di un ponte di Falluja.


venerdì 22 maggio 2015

VIDEO: L'Isis conquista Palmira e ora controlla tutta la frontiera tra Iraq e Siria






Palmira in mano all’Isis, decapitati soldati siriani
. La città di Palmira, compreso il sito archeologico dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, è sotto il controllo dei jihadisti dell’autoproclamato Stato Islamico, che continua ad espandersi e ora controlla oltre il 50% della Siria.




 



Conosciuta in tutto il mondo come Palmira, la “Città delle Palme”, in Siria viene chiamata Tadmur, “Città dei Datteri”.

I primi riferimenti storici la definiscono come una delle tappe delle carovane che viaggiavano sulla Via della Seta e tra il Mediterraneo e il Golfo. Ma è stato solo durante l’Impero Romano che la città ha iniziato ad acquisire il suo prestigio. Nonostante circondata dal deserto, Palmira si è trasformata in un ricco centro per il commercio di spezie, profumi, seta e avorio, dall’Oriente, e di statue e manufatti di vetro dalla Fenicia.
Proclamata città libera dell’Impero Romano nell’anno 129 d.C. da Adriano, Palmira colse l’occasione per dichiarare la sua totale indipendenza. Guidati in rivolta da Zenobia, i residenti di Palmira riuscirono a vincere sui Romani a ovest e sui Persiani a est. La condottiera divenne poi regina e conquistò l’intera Siria e parti dell’Egitto, arrivando alle porte dell’Asia Minore. Ma quando l’imperatore Aureliano riprese la città, la potente regina venne riportata a Roma. Da allora, la città ha vissuto un lento declino.
Prima dell’inizio della crisi siriana nel marzo 2011, Palmira attirava più di 150.000 turisti da tutto il mondo ogni anno. Oggi, gli antichi tesori millenari della “perla del deserto” rischiano di sparire per sempre.




martedì 12 maggio 2015

La Libia avverte: “Isis sarà in Italia entro poche settimane”




Il Ministro dell'Informazione turco avverte l'Italia: "L'Isis arriverà da voi con i barconi nelle prossime settimane", ribadendo poi l'appello a togliere l'embargo sulle armi: "Combatteremo lo Stato Islamico anche per voi"




I miliziani dell’Isis raggiungeranno le coste italiane nell’arco di poche settimane. Ne è convinto il governo di Tobruk, che ammonisce il nostro Paese riguardo ad una possibile infiltrazione di terroristi islamici che avverrà nelle prossime settimane mediante i barconi degli scafisti. Non è la prima volta che dalla Libia arrivano ammonimenti di questo genere, ma in questo caso Omar al Gawari, il Ministro dell’Informazione libico, sembra essere particolarmente convinto delle proprie esternazioni.
“Nelle prossime settimane l’Italia sperimenterà l’arrivo non solo di proveri emigranti dall’Africa, ma anche di barconi che trasportano Daesh (il nome arabo per indicare lo Stato Islamico, ndr). Ma al Gawari non si ferma qui, rendendo noto anche che “Malta e l’Italia saranno interessate da operazioni attraverso i porti che sono dominati da Fajr Libya”Fajr Libya è la coalizione delle milizie filo-estremiste che risultano essere attualmente al potere a Tripoli, e che controllano parimenti anche le regioni occidentali della Libia.
“L’esercito ed i responsabili libici hanno informazioni in proposito” ha poi concluso il Ministro dell’Informazione della Libia, che ha così lasciato intendere di essere in possesso di materiale sensibile riguardante la reale minaccia dello sbarco dell’Isis in Italia, ma di non poterlo diffondere al momento. Omar al Gawari ha poi affermato che “Le forze armate libiche devono essere ben equipaggiate per far fronte all’emigrazione clandestina: sia la Marina che protegge le coste, sia l’esercito che protegge le frontiere terrestri”, allo scopo di prevenire ogni infiltrazione di terroristi.
Ribadita anche la richiesta, già espressa più volte ma finora rimasta inascoltata, di eliminare l’embargo sulle armi in Libia: “I libici vogliono che sia tolto l’embargo sulle armi, e pagheranno col loro denaro per acquistare le armi necessarie per restaurare la pace e la sicurezza del Paese. Non abbiamo bisogno di aerei. Per questo-conclude al Gawari-chiediamo alla comunità nazionale di indirizzare un messaggio ai golpisti di Triplo di smetterla, lasciando operare il governo legittimo che è stato eletto”.
Come già affermato in altre sedi dunque, la Libia non chiede soldati, operazioni umanitarie o aerei di supporto: chiede semplicemente di potersi armare così da combattere da sola l’Isis in casa propria prima che possa raggiungere il nostro Paese. Il governo di Tobruk è particolarmente sensibile al problema dello Stato Islamico, e solo ieri la Libia ha bombardato un mercantile turco perché si era avvicinato troppo alla città-califfato dell’Isis di Derna. Il governo libico è infatti convinto che la Turchia, contrariamente a quanto dichiara, finanzi segretamente i terroristi, fornendo loro soldi ed armi.



sabato 2 maggio 2015

Al Baghdadi ferito alla spina dorsale Il comando di Isis nelle mani del vice




Una notizia data dal magazine Guardian e non confermata, anzi smentita dal Pentagono, darebbe Abu Bakr  il capo supremo dell’Isis, il “Califfo” ferito in modo molto grave alla spina dorsale, tanto da restare completamente paralizzato; questo evento farebbe passare il comando delle famigerate milizie jihadiste nelle mani del vice: Abu Alaa al Afri. Le ferite sarebbero state riportate  da al Baghdadi, in un raid aereo della coalizione messo in atto  il 18 marzo ad al Baaji, in Iraq.
La notizia va presa con molta prudenza perchè nulla è stato confermato dall’America nè da altri; di certo c’è che se la notizia ha fondamento, e il ferimento del capo dell’Isis è avvenuto veramente, le sorti di molte cose potrebbero prendere una svolta differente. La notizia pubblicata dal Guardian è talmente dettagliata che riporta anche di due medici  partiti da Mosul per raggiungere il covo segreto del Califfo per prestargli delle cure; le condizioni dell’uomo però sarebbero risultate subito molto preoccupanti.
Da qui la nomina del nuovo capo; un fedelissimo che è da molto tempo nell’Isis ed era già stato indicato come possibile successore di Abu Omar al Baghdadi, al Afri, il mujahed che era alla guida della fazione nel 2010. Il cambio al vertice avrebbe registrato un segnale di difficoltà nello  spostamento di militanti, con palese  urgenza, dal quadrante siriano a quello iracheno.In ogni caso continua senza sosta il reclutamento di nuovi adepti: le statistiche delle ultime settimane dicono che, negli ultimi sei mesi, i volontari europei sarebbero cresciuti da 5 mila a 6-7 mila.






Isis avrebbe un nuovo capo, Al Afri. Scontri per la leadership

Sulla scia delle voci di un grave ferimento, addirittura della morte del Califfo Nero Al Baghdadi, emerge un successore per la guida dello Stato Islamico: un passaggio alla guida del movimento jihadista tutto da confermare, ma accompagnato da notizie di duri scontri all'interno del gruppo. Il leader designato - con il dubbio che sia già operativo, se i rumour sulle condizioni di al-Baghdadi corrispondono a verità - è Abddul Rahman al Sheijar, conosciuto con il nome di battaglia Abu Ala Al Afri.
Secondo indiscrezioni dei giorni scorsi, sarebbe stato scelto per prendere il controllo dell'Isis in caso di morte del fondatore al Baghdadi. Ora, riporta The Times, funzionari curdi in Iraq hanno riferito di sanguinosi scontri tra membri dell'Isis nella città del nuovo leader, ovvero Tal Afar, che si trova una sessantina di chilometri a Ovest di Mosul. "C'è stato anche spargimento di sangue" tra i sostenitori dello Stato islamico, improvvisamente divisi dal cambio di leadership, sostengono le fonti curde.
Afri sarebbe un ex insegnante di fisica, molto carismatico, considerato "più importante e più brillante" di al-Baghdadi, secondo Hisham al Hashimi, consigliere per la sicurezza del governo iracheno. "Sa parlare bene in pubblico, ha un forte carisma e tutti i leader dell'Isis trovano che abbia saggezza nella sua visione jihadista, che abbia buone capacità di leadership e amministrative". Al Hashimi sostiene che al Baghdadi ha subito gravi lesioni alla spina dorsale durante un raid americano sull'area di al Baaj, ad Ovest di Mosul. Il Pentagono ha fatto sapere di non avere informazioni per confermare. Il Califfo Nero era già sfuggito a un'incursione aerea lo scorso dicembre, in cui fu ucciso un altro leader dell'Isis.
Le voci sulla probabile uscita di scena di al Baghdadi comunque si moltiplicano da giorni. Domenica scorsa l'agenzia iraniana Fars ha riferito della morte clinica del capo dell'Isis. Anche questo non è stato confermato, ma una smentita del gruppo jihadista, particolarmente debole, ha avuto l'effetto contrario, rilanciando le speculazioni sulla sorte di al Baghdadi.
Il quotidiano panarabo al Quds al Arabi scriveva ieri di aver interpellato una fonte interna dell'Isis sulle notizie del ferimento di al Baghdadi. "La notizia è falsa - è stata la risposta - ma al Baghdadi, come del resto tutti i leader del Califfato, potrebbero essere presi di mira dagli americani e guadagnarsi il martirio come successe ad Abu Musab al Zarqawi ed a Abu Omar al Baghdadi (entrambi ex leader di al Qaida uccisi in raid americani, ndr); tutti se ne sono andati, ma lo Stato Islamico rimane e non sarà destabilizzato". Una dichiarazione che ha finito per alimentare ulteriori dubbi.



sabato 18 aprile 2015

VIDEO: Attentato a Jalalabad, in Afghanistan, fa almeno 35 morti.





Kamikaze fuori dalla banca, strage dell’Isis in Afghanistan




In Afghanistan, almeno 35 persone sono morte e oltre 100 sono rimaste ferite in un attentato dinanzi all’ingresso di una banca nella città di Jalalabad, 120 km ad est di Kabul, vicino al confine con il Pakistan.
L’attentato è avvenuto di prima mattinata quando decine di persone, tra le quali anche funzionari pubblici, si trovavano all’ingresso della Banca di Kabul, nella capitale della provincia di Nangarhar, per ritirare il proprio stipendio. Un altra esplosione si è verificata fuori da un santuario. Il ministero dell’Interno afghano ha aggiunto che altre due bombe sono state disinnescate nella stessa zona.
I taleban afghani hanno negato oggi qualsiasi loro responsabilità nell’attentato. L’attacco invece è stato rivendicato dall’Isis tramite account twitter vicini allo Stato islamico. Il Califfato ha anche postato una foto del presunto attentatore con la bandiera dell’Isis sullo sfondo.




venerdì 17 aprile 2015

VIDEO : Iraq, ucciso ex braccio destro di Saddam passato con l'Isis





L'esercito iracheno elimina l'ex braccio destro di Saddam

Al Douri era il "re di fiori" nella lista dei più ricercati dai tempi del vecchio regime

Intanto l'Isis assedia Ramadi: decine di migliaia i civili in fuga. Autobomba esplode davanti al consolato Usa in Kurdistan: 3 morti




Dal regime di Saddam una lunga e ininterrotta carriera di miliziano, fino alla morte sotto la poco onroevole bandiera dell’Isis. Izzat Ibrahim al Douri, ex numero due di Saddam, è stato ucciso dall'esercito iracheno tra le montagne di Hamreen, 40 chilometri da Tikrit, nel nord dell'Iraq. A darne notizia è stato il governatore di Bagdad, Raed, che ha aggiunto che sono in corso esami sul Dna per accertarne l'identità.
Sulla testa di al-Douri, noto come il "re di fiori" nel mazzo di carte prodotto dagli americani per identificare i volti dei principali collaboratori di Saddam Hussein, pendeva una taglia di 10 milioni di dollari.  Al-Douri era l'esponente più alto in grado del passato regime e fu protagonista di una tra le pagine più vergognose del regime di Saddam: l'uso del gas per uccidere circa 5mila curdi a Halabja.
Dopo la caduta di Saddam Hussein nel 2003, Al Douri è diventato il leader dei baathisti iracheni. Ha raccolto la maggior parte delle sue truppe sotto la bandiera dell'Esercito naqshbandi, uno dei più importanti gruppi ribelli in Iraq, contribuendo all'ascesa del gruppo jihadista Stato islamico nell'estate del 2014.
Intanto però, più a sud ovest, decine di migliaia di civili stanno fuggendo da Ramadi, in Iraq, che i jihadisti dell'Isis hanno circondato e bombardano. Testimoni hanno riferito che gli sfollati, in auto o a piedi, si dirigono verso Khalidiya, a 25 chilometri, e poi a Baghdad, a 100 chilometri. L'Isis, da mesi vicino a Ramadi, ha lanciato un'offensiva pochi giorni fa.
Ancora, cattive notizie giungono anche dal Kurdistan, nel nord del Paese. Ad Erbil, nel cuore dell’area controllata dai peshmerga, è esplosa un’autobomba davanti al consolato americano, che ha fatto dodici morti, per lo più passanti. I seguaci del Califfato oltre ai fronti dove sono operativi riescono quindi a colpire anche con veri e propri attentati terroristici? Sarebbe una svolta poco piacevole per la cosiddetta “coalizione” che li combatte.



Dal regime di Saddam una lunga e ininterrotta carriera di miliziano, fino alla morte sotto la poco onroevole bandiera dell’Isis. Izzat Ibrahim al Douri, ex numero due di Saddam, è stato ucciso dall'esercito iracheno tra le montagne di Hamreen, 40 chilometri da Tikrit, nel nord dell'Iraq. A darne notizia è stato il governatore di Bagdad, Raed, che ha aggiunto che sono in corso esami sul Dna per accertarne l'identità.

Sulla testa di Al Douri, noto come il "re di fiori" nel mazzo di carte prodotto dagli americani per identificare i volti dei principali collaboratori di Saddam Hussein, pendeva una taglia di 10 milioni di dollari.  Al-Douri era l'esponente più alto in grado del passato regime e fu protagonista di una tra le pagine più vergognose del regime di Saddam: l'uso del gas per uccidere circa 5mila curdi a Halabja.
Dopo la caduta di Saddam
Hussein nel 2003, Al Douri è diventato il leader dei baathisti iracheni. Ha raccolto la maggior parte delle sue truppe sotto la bandiera dell'Esercito naqshbandi, uno dei più importanti gruppi ribelli in Iraq, contribuendo all'ascesa del gruppo jihadista Stato islamico nell'estate del 2014.
Intanto però, più a sud ovest, decine di migliaia di civili stanno fuggendo da Ramadi, in Iraq, che i jihadisti dell'Isis hanno circondato e bombardano. Testimoni hanno riferito che gli sfollati, in auto o a piedi, si dirigono verso Khalidiya, a 25 chilometri, e poi a Baghdad, a 100 chilometri. L'Isis, da mesi vicino a Ramadi, ha lanciato un'offensiva pochi giorni fa.
Ancora, cattive notizie giungono anche dal Kurdistan, nel nord del Paese. Ad Erbil, nel cuore dell’area controllata dai peshmerga, è esplosa un’autobomba davanti al consolato americano, che ha fatto tre morti. I seguaci del Califfato oltre ai fronti dove sono operativi riescono quindi a colpire anche con veri e propri attentati terroristici? Sarebbe una svolta poco piacevole per la cosiddetta “coalizione” che li combatte.



sabato 14 marzo 2015

Renzi incontra Al Sisi. La lotta all'Isis priorità comune





Sharm el Sheikh.
 Bisogna intervenire prima che l'Isis occupi la Libia. E se all'interno della comunità internazionale ci sono ancora "sensibilità" diverse, è il senso di urgenza ad unire tutti i Paesi direttamente o indirettamente coinvolti di fronte alla Libia dilaniata da una guerra che rischia di avere pesanti ripercussioni non solo nella regione ma anche nella vicina Europa, partendo proprio dall'Italia.
Il premier Matteo Renzi parla subito dopo aver incontrato il presidente egiziano al Sisi.
Che in Libia sta intervenendo militarmente e vorrebbe anche ampliare il fronte dei Paesi direttamente impegnati nel Paese nordafricano. "E' normale che ci siano diverse sensibilità a tutti i livelli, ci sono anche all'interno delle istituzioni Onu. Ma con Sisi siamo d'accordo sul fatto che la lotta al terrorismo è la priorità", assicura Renzi, convinto che rispetto ad alcuni mesi fa (Renzi e Sisi sono al terzo incontro), le posizioni si stiano modificando.
"C'è condivisione ampia - assicura - sulla necessità di un intervento rilevante in Libia, da realizzare a partire dagli sforzi diplomatici dell'Onu".
Renzi è arrivato a Sharm el Sheikh, dove si sono riunite 1.800 delegazioni di oltre 70 paesi per siglare importanti accordi economici (oggi l'Eni ne firmerà uno da "un miliardo di euro", ha annunciato il premier), proprio per incontrare il presidente egiziano e proseguire nei colloqui dedicati alla Libia.




venerdì 27 febbraio 2015

Video: Svelata l'identità del boia dell'Isil con accento londinese




Svelata l'identità del boia dello stato islamico: è un 27enne londinese




Si chiama Mohamed Emwazi, ha 27 anni ed è di Londra. Laureato in informatica, cresciuto in una famiglia del ceto medio. Era già stato arrestato nel 2010 dall’antiterrorismo inglese.

Il boia dello Stato Islamico (Isis) è un londinese di origine kuwaitiana, cresciuto in una famiglia del ceto medio, conosciuto all’anti-terrorismo dal 2010 quando venne arrestato per sospetti legami con i jihadisti somali Shabaab, affiliati ad Al Qaeda. A rivelare l’identità del killer mascherato di nero che ha decapitato gli ostaggi occidentali di Isis è il “Washington Post” citando fonti di suoi amici e conoscenti britannici nonché di persone al corrente delle indagini.  
LA SVOLTA ISLAMICA 
Il suo nome è Mohammed Emwazi, nato in Kuwait, cresciuto nei quartieri Ovest di Londra e con una laura da programmatore di computer. Chi lo ha conosciuto, lo descrive come una persona dai modi “gentiep” che ama «vestirsi con stile», seguendo la moda occidentale pur aderendo alla fede musulmana. «Aveva la barba e faceva molta attenzione quando incrociava gli occhi di una donna» racconta un suo conoscente.  
L’ARRESTO DEL 2010 
Pregava nella moschea di Greenwich e dopo essersi laureato all’Università di Wesminster scelse con due amici - un tedesco convertito all’Islam di nome Omar e un altro di nome Abu Talib - di andare in Tanzania. L’intenzione dichiarata era di andare a fare un safari ma all’arrivo la polizia locale li fermò, identificò e temendo che volessero unirsi alla guerriglia jihadista somala li rimandò in Europa. Emwazi tornò indietro con un volo per Amsterdam, dove venne interrogato dall’MI5 - il controspionaggio britannico - ed accusato di legami con gli al-Shabaab somali. Tornato in Gran Bretagna nel 2009 decise di trasferirsi nel natio Kuwait ma nel 2010 venne arrestato a Londra - durante un viaggio fra i due Paesi - perché sospettato di terrorismo. Gli vennero prese le impronte digitali e fu perquisito.  
UN FANTASMA IN SIRIA 
Da quel momento le sue tracce si perdono, ad eccezione di un breve soggiorno in Arabia Saudita nel 2012 ovvero lo stesso anno in cui si trasferisce in Siria, da dove in più occasioni chiama i genitori e gli amici più cari a Londra. Un ex ostaggio di Isis ha raccontato che nel 2013 “Jihadi John” - come venne rinominato da alcuni detenuti, affiancandolo ad altri tre carcerieri sopranominati “Paul”, “George” e “Ringo” come i componenti dei “Beatles” - faceva parte di un ristretto gruppo di jihadisti britannici che sorvegliavano una prigione del Califfato chiamata “The Box” (La scatola) nella quale avrebbe partecipato ad interrogatori almeno quattro ostaggi occidentali durante i quali è stato usato il “waterboarding”. 
I FILMATI DELL’ORRORE 
Nel 2014, dopo la formazione del Califfato, gli ostaggi occidentali vengono spostati a Raqqa, in Siria, e “Jihadi John” li segue diventando il protagonista brutale dei video che ne mostrano l’esecuzione: Jim Foley, Steven Sotloff, David Haines, Alan Henning e Abdl Rahman Kassing, seguiti da due nipponici. Il suo accento londinese lo trasforma in un simbolo dei jihadisti europei e l’intelligence gli dà una caccia globale, impegnandosi con le più avveniristiche forme di sorveglianza elettronica.




domenica 22 febbraio 2015

Video: Isis, nuovo filmato choc con 21 prigionieri Peshmerga curdi in gabbia come bestie





Trattati come bestie, 
in mostra per le strade di Kirkuk, o di una città nei pressi di questa, in Iraq,come animali da vendere alla fiera. Sono le immagini choc del nuovo video dell’Isis, mostrato e considerato autentico dal sito Site, in cui 21 combattenti curdi sono fatti sfilare dentro una gabbia.Nel filmato di 9 minuti, che potrebbe essere stato girato nelle vicinanze di Kirkuk in quanto la città irachena è ancora nelle mani delle milizie curde, i terroristi minacciano di decapitare i 21 ostaggi in tuta arancione e poi intervistano i prigionieri da dietro le sbarre.
Le gabbie in cui sono rinchiusi i peshmerga sono simili a quella che si vede nel video in cui viene dato fuoco al pilota giordano Muath al Kasasbeh. I prigionieri sono portati a bordo di pick-up, insieme agli uomini dell’Isis che sventolano la bandiera nera dello Stato islamico in mezzo ad una folla eccitata.




ATTENZIONE: Le immagini molto forti potrebbero urtare la vostra sensibilità
Le immagini, che fanno presagire una nuova esecuzione di massa, si interrompono prima che si possa vedere cosa accade ai prigionieri.



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sabato 21 febbraio 2015

Militante veneziano dell'Isis ucciso in Siria». Ma gli investigatori frenano: no conferme

Veneziano nell’Isis caduto a Kobane




Un combattente dell’Is, un foreign fighter di origini veneziane conosciuto con il nome di battaglia Abo’u Izat Al-islam sarebbe stato ucciso lo scorso 3 febbraio a Kobane, in Turchia. L’uomo, secondo fonti dell’Is e ambienti curdi che hanno diffuso la notizia sui social network, sarebbe originario di Venezia. Il suo nome prima di diventare un combattente sarebbe stato Francesco. Sempre secondo fonti vicine ai combattenti curdi, ad ucciderlo sarebbe stata una donna curda.



La notizia è stata diffusa ieri pomeriggio dal giornalista Toni Capuozzo sulla sua pagina Facebook. Lo stesso Capuozzo ha anche pubblicato la foto del presunto jihadista. L’uomo si era unito all’Is da circa due mesi. Tuttavia, la notizia non trova conferme fra gli ambienti investigativi italiani. Ros e Digos precisano che non può essere escluso che si tratti di un italiano che risiedeva all’estero prima di diventare combattente. «Abbiamo appreso della notizia monitorando siti e profili vicini al mondo jihadista. A noi per il momento, ma non possiamo escludere nulla, non risulta alcun veneziano che sta o che ha combattuto con l’Isis», ha commentato ilquestore di Venezia Angelo Sanna.



giovedì 19 febbraio 2015

Libia, vertice Onu: Italia pronta a un ruolo guida, video:





L’Egitto preme per una risposta muscolare. Ma le Nazioni Unite scelgono la via politica

Si è riunito il Consiglio di Sicurezza per discutere la drammatica questione libica. Presenti Egitto, Giordania, Libia che hanno chiesto di revocare l’embargo sulle armi del governo di Tobruk, quello riconosciuto dalla comunità internazionale, per potersi difendere dagli attacchi dell’Isis.



La seduta, è stata definita “urgente” dal Rappresentante Permanente italiano alle Nazioni Unite, l'Ambasciatore Sebastiano Cardi, che ha sostenuto che l’Italia “è pronta a contribuire a un monitoraggio del cessate il fuoco e a lavorare in missioni di addestramento per integrare l'esercito dei miliziani con l'esercito regolare”. La missione italiana sarebbe quindi pronta, se l’Onu deciderà di autorizzare l’intervento in Libia che consenta la riunificazione dei due governi e allo stesso tempo di combattere i jihadisti dell’Isis.

L’Italia come aveva sostenuto il ministro degli Esteri Gentiloni punta ad una soluzione politica. Anche l'Egitto ha rinunciato a chiedere un intervento militare internazionale in Libia, nonostante nei giorni scorsi l'Isis abbia decapitato 21 cristiani copti.



Obama: Guerra contro i traditori dell' islam




Proprio mentre il Consiglio di sicurezza dell’Onu era in corso di svolgimento sono arrivate le parole del presidente americano Barack Obama, impegnato a Washington in un vertice internazionale per il contrasto all’estremismo violento. Il presidente ha ribadito che quella che è in atto non è una guerra tra l’Occidente e l’Islam ne tanto meno una guerra di religione: “Non siamo in guerra con l’Islam, ma contro gente che ha tradito l’Islam”. Secondo Obama “gli estremisti non sono leader religiosi, ma terroristi” che vanno combattuti in quanto tali, indipendentemente dalla religione in nome della quale dicono di agire. Obama ha compreso che la lotta ad Al Qaida e all’Isis passa non solo attraverso l’eliminazione dei leader terroristici, ma anche attraverso il dialogo e ad un’azione congiunta che veda coinvolti tutti.




Il messaggio di Obama ai musulmani: “Schieratevi nella lotta agli estremisti”

Barack Obama poi si è rivolto direttamente ai leader musulmani  con un invito molto forte: “Schieratevi nella lotta contro gli estremisti perché la violenza contro innocenti non difende l’Islam, ma danneggia l’Islam e i musulmani”. Un messaggio chiaro che invita chi interpreta la religione musulmana senza fanatismi ed estremismi non solo a prendere le distanze dal terrorismo e dalla violenza, ma ad unirsi al’ Occidente per combatterli. Obama ha aggiunto: “Nessuno può essere sospettato solo a causa della propria fede. Dobbiamo rifuggire dal luogo comune che se qualche musulmano compie atti terribili, tutti i musulmani facciano cose terribili”. Il rischio che Obama intravede con queste sue parole è quello già in atto; infatti molte persone ormai assimilano la religione islamica con il terrorismo. Sappiamo che non è così e che tantissimi musulmani vivono la loro religione senza alcun estremismo, ma con tutti gli avvenimenti legati a Isis e altre organizzazioni terroristiche che agiscono in nome dell’Islam è sempre più difficile fare certe distinzioni. Se l’appello di Obama venisse ascoltato e leader musulmani influenti prendessero forti posizioni contro la violenza sarebbe senza dubbio un grosso passo in avanti nella lotta al terrorismo di matrice islamica. E’ proprio in quest’ottica che Obama ha detto che “odio e intolleranza non avranno mai spazio negli Stati Uniti” e che bisogna “mobilitare tutti contro il terrorismo”.




mercoledì 18 febbraio 2015

Ecco I Piani Dell’Isis. Gentiloni: Il Tempo Stringe




Inghilterra: Il giornale inglese  Daily Telegraph sarebbe in possesso di alcuni documenti segreti dei jihadisti e spiega gli interessi dell’Isis ed i loro obiettivi nel Mediterraneo. In una cartina geografica sarebbero stati cerchiati in rosso alcuni punti importanti e strategici come l’isola di Malta e le città italiane di Siracusa, Gela e Ragusa che si trovano nella parte Orientale della Sicilia.
L’intento dei terroristi islamici sarebbe quello di infiltrarsi in Italia attraverso i barconi di immigrati che ogni giorno arrivano a Lampedusa ed in altre località siciliane, nei piani dell’Isis rientra l’attacco alle compagnie marittime ed alle navi definite “crociate”.
Il piano  dell’Isis sarebbe proprio quello di creare quanto più caos possibile in Europa partendo dal Sud Italia, e gli immigrati clandestini potrebbero sicuramente essere una copertura logica.
Il ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni, ribadisce che non c’è più tempo e che non possiamo aspettare più, dobbiamo prendere in mano la situazione prima che accada l’impensabile.




L'Isis vuole portare il caos in Europa attraverso la Libia, Egitto attacca via terra

L'Isis vuole utilizzare la Libia per portare "il caos nel sud dell'Europa": lo rivela il Daily Telegraph, citando documenti segreti dei jihadisti. Secondo uno dei principali reclutatori dello Stato islamico in Libia, l'Isis vuole infiltrarsi sui barconi di immigrati nel Mediterraneo e attaccare le "compagnie marittime e le navi dei Crociati". Intanto l'Egitto, dopo i bombardamenti, ha compiuto un raid terrestre a Derna: 55 i miliziani Isis catturati. L'Isis avanza anche verso la Tunisia, ha detto il premier libico Al Thani. Il ministro Gentiloni ha riferito un'informativa alla Camera: 'Situazione grave, fare presto. La soluzione è politica, non vogliamo crociate'. Appello del Papa: 'La comunità internazionale trovi una soluzione'.
Intanto, dopo i raid, forze speciali egiziane hanno compiuto un'incursione terrestre a Derna, la città dichiaratasi Califfato dell'Isis nell'est del paese, ed hanno "catturato 55 elementi del Daesh". Ieri media egiziani e uno saudita avevano riferito che l'Egitto stava prendendo in considerazione attacchi di terra. In particolare era stata evocata la "task force 999", un'unità speciale per operazioni internazionali, da inviare in coordinamento con le forze di sicurezza libiche.



martedì 17 febbraio 2015

Isis, "45 persone arse vive in Iraq"





I 27 poliziotti iracheni rapiti a Baghdadi sono stati giustiziati; 45 persone sono state arse vive.





Esecuzione di massa in Iraq da parte dell'Isis: 27 poliziotti iracheni rapiti dagli jihadisti a Baghdad sono stati uccisi vicino a una base militare, dove sono presenti oltre 300 istruttori americani, mentre 45 persone, nella stessa città, sarebbero state arse vive
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Secondo Sabah Karhut, presidente del Consiglio provinciale, i cadaveri degli agenti sono stati gettati nel fiume Eufrate, ma non è chiaro se in realtà ci sia stato un errore nelle comunicazioni. Potrebbe infatti trattarsi di un'unica strage, avvenuta con modalità ancora da chiarire.

Un altro membro del Consiglio provinciale di Al Anbar, Jassem al Halbusy, ha detto che i miliziani dell'Isis hanno posto mine e dispiegato i loro cecchini lungo la strada tra la città e la base al fine di impedire l'afflusso di rinforzi dell'esercito iracheno. Altre fonti riferiscono che gli jihadisti stanno ponendo l'assedio a un compound residenziale poco fuori Baghdadi dove vivono circa 1.200 famiglie, per la maggior parte di soldati, poliziotti e impiegati statali
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Oggi intanto l'università egiziana di al-Azhar al Cairo, uno dei principali centri d'insegnamento religioso dell'Islam, ha emesso un decreto col quale proibisce ai musulmani di guardare e diffondere il video che mostra la decapitazione dei 21 cristiani copti eseguita in Libia dall'Isis. L'istituzione inoltre esorta i media a non pubblicare i "crimini dei terroristi" per evitare il "sinistro scopo" di condizionare il morale dei musulmani, giustificare la propagazione dell'islamofobia e diffamare l'Islam a livello mondiale.